mercoledì 4 aprile 2007

Arriva il bilancino per i giornalisti

La commissione Giustizia della Camera sta completando l'esame del ddl Mastella. Tra tutte le questioni che si stanno definendo quella che sembra stia concentrando l’attenzione dei parlamentari in commissione è senza alcun dubbio il provvedimento che dovrebbe “governare” la cd libertà di pubblicazione di stralci di intercettazioni. Le posizioni dei due schieramenti sono molto distanti tra di loro. Da una parte , il CentroSinistra vorrebbe applicare una sanzione che prevede l’ arresto fino a un mese o multa di 258 euro per chi pubblica atti che pur non essendo coperti dal segreto istruttorio, sono comunque documenti utili al processo e nella fattispecie possono essere rappresentati da stralci di intercettazioni telefoniche o ambientali o documenti sequestrati . AN e FI invece vorrebbero infierire contro i giornalisti rei di lesa pubblicazione di informazioni sensibili con una pena detentiva fino ad un anno e o un'ammenda ben più salata: da 250mila fino a 500mila euro.
Pieno accordo tra le parti sembra esserci per quel che riguarda le intercettazioni illecite e per quelle lecite. Con le nuove norme i giornalisti rischiano da 1 a 3 anni di carcere per la 'visione abusiva' di atti coperti da segreto istruttorio e da 6 mesi a 4 anni per attività di dossieraggio o pubblicazione. Se a commettere questo reato è, invece, un magistrato, la pena si fa più pesante: da 1 a 5 anni di carcere. Per quel che riguarda invece le intercettazioni lecite, il testo prevede una pena detentiva da 6 mesi a 3 anni se il reato è di violazione del segreto del procedimento penale. Carcere fino a un anno, invece, se il reato è quello di pubblicazione colposa.
Non c’è dubbio che si tratta di un vero e proprio giro di vite. A mio giudizio esagerato che minaccia quel diritto di cronaca che dovrebbe governare la responsabilità e al deontologia professionale dei giornalisti. Il caso Vallettopoli ha acuito la sensibilità politica. Ma la necessità di un intervento regolatore non sorprende nessuno. Troppe volte la corsa allo scoop ha esercitato forme di persecuzione e di invadenza insostenibili e non solo nei confronti di VIP o politici. I processi mediatici sono un’aberrazione sociale e civile che ha lasciato ferite insanabili. Allo stesso tempo però non si può assistere a questa forma di democrazia commissariata, in cui è il bilancino delle sanzioni a stabilire la cifra di informazione che si può diffondere. Questo nuovo provvedimento all’esame della Commissione ci dice anche che questo paese non ha ancora la maturità necessaria al rispetto delle elementari norme di responsabilità civile e professionale di ciascuno di noi. Siamo noi giornalisti, giudici, medici, avvocati , politici o quant’altri in grado di esercitare influenza sulle altrui libertà.