mercoledì 28 febbraio 2007

Riforma elettorale.... basta la parola!

Non l’avesse mai pronunciate quelle parole! Evocando nel suo discorso al Senato - con parole chiare e senza quei strascichi “emiliani” che tanto lo fanno naif - la necessità di una prossima "Riforma elettorale con ampio consenso". Romano Prodi ha innescato, convinto di poterla gestire a suo favore, una baraonda che rischia di mettere in crisi entrambi i poli e addirittura molti partiti.
All'interno dei Ds, infatti, Fassino che si è detto subito pronto ad aprire al modello tedesco - il sistema che prevede un proporzionale puro senza premio di maggioranza e con sbarramento - entra in rotta di collisione con D'Alema e con le altre diverse e antagoniste aree della Quercia, sia il Correntone di Mussi e Salvi sia l'ulivista –kennedyana del sindaco di Roma, Valter Veltroni. D’Alema e i suoi non si muovono dal maggioritario a doppio turno. La Margherita di Prodi e Parisi scalpita . A loro i tedeschi vanno a genio. Al punto da minacciare di far saltare in grembo il partito democratico. Rutelli e Mastella stanno alla finestra. Vuoi vedere dicono che ‘sti scemi ci regalano, senza far fatica, il partito del Grande Centro.
Le cose non vanno meglio dall’altra parte. Prodi non aveva finito di parlare che già la Lega tirava su le barricate. Mentre la proposta di D’Alema di ridare vita ad una Bicamerale, questa volta presieduta da Gianfranco Fini, ha fatto venire i sudori freddi a mezzo se non tutto il centrodestra, AN compresa.
Berlusconi grida allo scandalo. Lo fa come al solito per intorbidire le acque, per non poagare dazio. Sa bene che i suoi sono spaccati tra chi vorrebbe un rafforzamento del bipolarismo e chi come gli ex DC farebbero carte false per il modello tedesco. Permetterebbe loro di fare pace con Casini e tornare a vivere felici e contenti. Ma le carte false le farebbe certamente anche la sinistra di Bertinotti e di Giordano, da sempre sponsor della soluzione tedesca.
Allora uno si chiede. Se la soluzione tedesca va bene a Fassino, va bene agli ex DC, ora azzurri, a Casini e soprattutto va bene alla sinistra radicale o è quella giusta oppure c’è da credere che non se ne farà proprio niente. Il perché è semplice. Non li vedo Casini o Bondi andare a Ballarò e fare le moine con Bertinotti e i suoi, dandosi cordialmente del "Lei". Il botteghino del "teatrino della politica" non registrerebbe il solito sold out che ci sanno regalare i nostri divini attori.

Toscani e ...i calabresi


"Terroni", "malavitosi", "inaffidabili", "incivili", insomma i "peggiori": Oliviero Toscani usa i "pregiudizi" sui calabresi come slogan della campagna costruita per liberare l'immagine della gente di Calabria dagli stereotipi negativi che ne fanno gli "ultimi della classe". Slogan che accompagnano le grandi foto che ritraggono ragazzi sorridenti, "positivi", spontanei, come tutti i loro coetanei. Non necessariamente perfetti. Il contrasto tra quei "pregiudizi" e i loro volti balza subito agli occhi. Finalmente qualcosa che ci fa fare pace con la pubblicità!

martedì 27 febbraio 2007

Prodi rilancia ma...

Finisce qui la settimana di passione del presidente del Consiglio Romano Prodi. Ha appena finito di declinare al Senato il suo "nuovo" programma e Anna Finocchiaro gli fa segno che la Maggiornaza c'è e resiste. Domani il voto. Poi si riparte. Anzi il Premier "rilancia". E da più parti si sottoliena che l'errore di percorso è superato, che la sinistra antagonista ha capito la lezione e che stavolta non sono più permessi sbuffi o mugugni. Insomma ottimismo a piene mani. Condite dal sorriso sornione dell'Harry Potter della politica italiana che approda, con qualche schizzo di fango, nel nuovo centrosinistra. Tutto bene madama marchesa. Inutili quindi tutte le chiacchiere che hanno affallato questi giorni e le notti. Ma è proprio così? Siamo proprio sicuri che non è successo nulla? Qualcuno dirà che questa settimana ha segnato la fine dei DICO, qualcun altro noterà che il Governo si "doveva" spostare più al centro, da qui la finta crisi, qualcun altro ancora dirà che D'Alema con la sua ormai "famosa replica" ha mandato un messaggio ai suoi che non vogliono il Partito Democratico. Dietrologia al Barsport. Nessuno rileva invece una verità molto scomoda. La politica italiana ha dimostrato - ancora una volta - di non essere adeguata al Paese che vorrebbe governare. Non sono adeguati i politici, i leader, non lo sono i partiti e gli schieramenti. Non lo sono soprattutto le regole che si sono dati. Per verificarlo è sufficiente notare come ogni decisione piccola o grande che sia parte o è partita sempre e comunque da una "contrarietà". Si agisce "contro" qualcosa o qualcuno. Mascherando ideologia e missione. Oppure che ogni scelta dovuta si inabbissa e muore nel dibattito pervaso da ogni forma di pernicioso e ormai consolidato "benaltrismo".
Peppino Turani faceva notare la differenza tra i politici italiani e quelli tedeschi. In Germania la politica fa, in Italia discute. E lo fa con una perseveranza angosciante. Persino per le piccole questioni c'è una vera overdose di dibattito. Mentre il Paese, signori, corre. Corre davvero. - nessuno ha fatto notare che la Borsa alla notizia delle dimissioni di Prodi non ha battuto ciglio.
A guidarlo ci vuole polso e visione. Ci vogliono idee e progetti. Ci vuole coraggio.... Ci vogliono uomini e donne capaci di inventarlo, scovarlo, rincorrerlo il futuro e raggiungerlo prima che arrivi. La politica dovrebbe portarci dove "non si tocca". Per nuotare sul bagnasciuga non abbiamo bisogno di baywacth!

martedì 20 febbraio 2007

Se Fini è d'accordo con D'Alema

Gianfranco Fini giudica «ineccepibile» la posizione del Ministro degli Esteri in vista del voto di domani. Mentre la maggioranza comincia a dare segni di ritrovata lucidità.
Le parole chiare e decise di Massimo D'Alema "Senza maggioranza sulla politica estera il governo darà le dimissioni" hanno avuto l'effetto desiderato. Dalle prime reazioni appare chiaro che la sinistra radicale sembra cogliere in pieno il messaggio di D'Alema se il capogruppo del Prc, Giovanni Russo Spena chiude la questione con un tocco da maestro dichiarando che «il dibattito al Senato riguarderà le linee strategiche complessive della politica estera italiana: è su questo tema e non su questioni specifiche, per quanto importanti, che si verificherà la coesione della maggioranza», ha detto. Tutto rientrato a sinistra? Sembra proprio di sì - a meno che non vi siano ulteriori aliti di protagonismo. Ma quello che appare strano è il pieno consenso alle dichirazioni di D'Alema che proviene dall'opposizione e da Gianfranco Fini in particolare. Un consenso certamente strumentale e un pò calcolato, nella speranza che qualche furbetto della sinistra preso da vis ideologica faccia lo sgambetto.
Un consenso che al di là del tatticismo politico non è solo una battuta ma va letto come una nuova tappa del processo di "posizionamento" da parte del leader di AN. Con questo suo "consenso" Fini, vuole recitare il ruolo dell'antagonista legittimo al Governo Prodi.
In realtà Fini dice senza giri di parole che il rispetto delle regole istituzionali è un dato oggettivo che deve regolare la vita democratica di questo paese. Io dalla mia parte mi propongo a garante perchè esse abbiano un senso compiuto, sembra dire. Al di là dell'ostruzionismo coatto che regna nella Casa delle Libertà.
Rubare spazio a Casini e alla sua tentazione di dialogo con il Governo è imperativo per chi studia da Primo Ministro.

La legge sul conflitto d'interessi è partita....

Finalmente si dirà. La nuova legge sul conflitto d'interessi, auspicata, contrastata, negata, rincorsa e abiurata sembra che si sia presa la sua definitiva rivincita. La commissione Affari Costituzionali della Camera ha adottato il testo del presidente Violante sul conflitto d'interessi senza voti contrari. La Cdl si e' infatti astenuta sul provvedimento, che propone un'autorita' ad hoc che vigili sul conflitto di interessi che potrebbe riguardare un esponente del governo, e la possibilita' di arrivare ad una scelta: vendere o affidare tutto ad un trust. Ma siamo ancora al primo round. Importante, ma solo ancora l'inizio di una lunga battaglia.
Partendo dalla proposta di legge Franceschini il nuovo testo riprende le 21 critiche rivolte alla attuale legge dall'Authority sulle telecomunicazioni e dall'antitrust e dovrebbe risolvere in pieno il cd nodo Berlusconi. La nuova legge sul conflitto d'interessi dovrebbe entrare in vigore su chi esercita funzioni di governo, quindi non riguarderà per ora Berlusconi e non lo riguarderà neppure nel 2011, probabilmente. Tutto questo senza vietare ad imprenditori la possibilità di esercitare funzioni di governo. Nel nuovo testo della legge ci sono alcune regole che riguardano l'estensione del conflitto d'interessi ai governi regionali, provinciali e comunali, il rapporto fra blind trust e principi del diritto civile e l'Authority. Tutto gestito e rimandato ad una specifica Authority garante dell'etica pubblica e della prevenzione dei conflitti d'interessi.
C'è adesso da chiedersi se la CDL, uscita dalla votazione in Commissione per non partecipare al voto, possa ritrovare il senso istituzionale della responsabilità e non richiamare ancora la mortificante litania che racconta della eccezionale quanto corretta ed equlibrata legge sul conflitto d'interessi voluta e approvata da Berlusconi nella precedente Legislatura. Ribadendo che nei cinque anni di Governo Berlusconi non vi è mai stato un solo caso di manifesto conflitto d'interessi esercitato da Silvio Berlusconi. L'avete sentito anche voi più volte ripetere che quando nel CdM vi erano decisioni che coinvolgevano gli affari di Berlusconi, il premier non partecipava al voto. Ma come sottolineato dall'Authority, un altro membro del governo può comunque avvantaggiare quello che ha il conflitto e formalmente con la vecchia legge non è perseguibile. Insomma, il problema non era solo Berlusconi per Berlusconi, ma, ad esempio, Gasparri per Berlusconi.

lunedì 19 febbraio 2007

Un govero tra due fuochi

Una settimana di quelle che non si dimenticano sta per accompagnare la tenuta del Governo Prodi. Un governo preso tra due fuochi. Da un lato gli ultra-cattolici della Margherita e l'Udeur, dall'altro i dissidenti della sinistra radicale.
Un vero doppio agguato, in vista soprattutto di due appuntamenti cruciali in Parlamento. Soprattutto al Senato dove, considerando l'opposizione dei senatori di Mastella e i NO ancora virtualmente non rientrati dei Teo-Dem diellini, al momento,neanche a ricontarli 1000 volte ci sono i numeri per far passare il DDL sulle coppie di fatto.
Sul fronte della politica estera, invece, il nodo è quello del rifinanziamento della missione in Afghanistan e le conseguenze della manifestazione di Vicenza.
C’è da non dormire di notte.
Ma nonostante l’aria indichi tempesta intorno al governo l’ottimismo non manca.
Un ottimismo che dovrebbe essere in qualche modo cavalcato da chi ha a cuore le sorti del governo.
Senza voler sottovalutare i problemi e i conseguenti pericoli di tenuta della maggioranza. Forse sarebbe il caso che l’agenda setting del Governo si concentrasse un po’ di più sui tanti aspetti positivi che stanno accompagnando il suo primo anno di vita.
Perché non fare fronte comune sul dato di eccezionale rilevanza della crescita economica e soprattutto dei conti pubblici? Perché trascurare il dato rilevante che in Italia la disoccupazione è ai minini storici? Perché ancora non chiedersi se il paese si sta veramente rimodernando e se le lenzuolate di Bersani –quelle sull’energia arrivano dopo oltre 15 anni anni di silenzio - hanno davvero un senso? L’elenco delle buone cose, stranamente sarebbe lungo – mancano all’appello i buoni esiti della lotta all’evasione, le nuove indicazioni sulla spesa sanitaria, gli interventi a sostegno della scuola…etc. – Ma tutto si sta concentrando, e giustamente forse, sui DICO e su Vicenza. Dove le due anime di questo governo si sono arroccate e sono inconciliabilmente ferme sulle loro posizioni. La sintesi richiesta da Napolitano non ha riscosso particolare successo.
Non c’è dubbio che le ragioni e i valori che sostengono le tesi avverse alle decisioni del governo vanno considerate ma questa volta sembra tutto pleonastico e fuorviante. Sui Dico come sulla politica estera. Sui Dico, le parole della Chiesa sono state usate come clava e come barriera, da chi ha paura di ritorsioni prettamente elettorali. La Chiesa ha il diritto di esprimere ogni sua considerazione e ogni suo parere. Chiederle il silenzio è deprimente oltre che oltraggioso. Ma se qualcuno pensa di cavalcare i No della Chiesa per eventuali ritorni elettorali fa un grave errore di valutazione della nostra società e dei cattolici in particolare.
Il Governo ha il dovere di dare risposte, garantendo il più possibile a tutti i propri diritti per veder rispettati i doveri. Mastella e i diellini lo sanno prima degli altri.
Sulla politica estera un solo accenno. Trovo il richiamo alla pace e il NO alla guerra sacrosanti e condivisibili. Quello che mi appare evidente invece è che anche qui e questa volta, sia come è stata gestita politicamente la manifestazione di Vicenza sia come si vuole condizionare il ruolo internazionale del paese, si è maturata la vecchia e ormai obsoleta rappresentazione delle due anime della sinistra. Quella per e quella contro.
Avere sempre e comunque un nemico CONTRO cui combattere è il peccato originale dell’estremismo di sinistra che non si smuove dalle inutili quanto vane posizoni di retroguardia ideologica che pensa di poter/dover difendere.

E in Telecom arriva Bazoli


Telecom si prepara a risolvere i problemi ed le esigenze finanziarie di Pirelli con il possibile quanto ormai deciso arrivo di Telefonica nell’assetto azionario di Olimpia. La prospettiva, ora al vaglio dei CDA e già benedetta e sponsorizzata dalla famiglia Benetton ha scaldato il mercato e Marco Tronchetti Provera prova a fare qualche sospiro di sollievo.
La sola collaborazione con Telefonica, il più efficiente operatore europeo di telecomunicazioni, che dovrebbe acquisire il 30% di Olimpia, viene calcolata nell’ordine di 1-1,5 miliardi di euro all’anno tra risparmi e sinergie. A cui potrebbero aggiungersi i vantaggi che i due gruppi sarebbero in grado di trarre, da un’azione concertata nei Paesi dove entrambi operano da tempo: Brasile, Argentina e Germania
Ma l’ ingresso di Telefonica non avverrà senza conseguenze per Telecom. Fervono le riunioni a tra Roma e Milano per dare una serie di risposte a problemi molto urgenti e se volete delicati: La questione della separazione della rete è uno di questi e nessuno crede che gli spagnoli non diranno la loro visto che l'operazione in corso non è solo un investimento finanziario. Impensabile, quindi, tenere domani gli spagnoli fuori dalle decisioni di governance. Ma Tronchetti Provera non ha più la forza per decidere e mantenere lo scettro del comando. Ha bisogno di un un aiuto forte e ben radicato anche politicamente. Ecco che sta arrivando …. All’orizzonte si profila l’ingresso, accanto a Telefonica , di Intesa-San Paolo che dovrebbe rilevare un ulteriore 20% di Olimpia. Una soluzione che risolve i timori governativi di perdita del controllo italiano del settore delle telecomunicazioni.

Solo Giovanni Bazoli, patron di San Intesa, si affanna a nicchiare e a smentire.

venerdì 16 febbraio 2007

Un paese di poeti, santi, navigatori ... terroristi e guru

Sa di teatrino di avanspettacolo la farsa messa in scena stamattina alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma, rimasta chiusa per un’ora per impedire un’assemblea non autorizzata con l’ex leader di Potere Operaio Oreste Scalzone.
La decisione presa dal preside della Facoltà «è stata una scelta collegiale non dettata dal timore per la presenza di Scalzone».E meno male. Se un paese deve temere il rientro e le allucinanti quanto dissociate dichiarazioni di uno dei più sgangherati “terroristi” della sua tragica storia di violenza e terrorismo, questo paese forse deve rivedere molto della sua tenuta democratica e della presunta e condivisa forza dei suoi valori. E non venitemi a dire che la minaccia terroristica è sempre lì a far da spauracchio alle coscienze della sinistra e al paese tutto. Gli ultimi episodi, se pur nella loro severità, andrebbero per lo più ascritti al deficit di “educazione e di dialettica politica, civile e sociale” che il paese soffre più che a pseudo-strategie radicali e antagoniste. Queste BR, le nuove BR, sono figlie del “vociare” e dell’inconsistente normalità di un paese che adora farsi male da solo. E lamentarsi poi per il dolore. Come possiamo fare per far sapere a questi signori e ai loro fans che il paese è stufo di infantilismo rivoluzionario e di saccenteria retrospettiva?

In giro si affollano troppi guru. Leggere i giornali, guardare la tv e navigare tra blog e blogs c’è solo da non credere come si sprechi tanta energia a “sottolineare e ribadire” . Fateci caso ormai in Italia ci sono più commentatori, guru, opinionisti e fustigatori delle ragioni altrui che idee.

mercoledì 14 febbraio 2007

Dritti dritti verso la scissione

Sembra ormai inevitabile. La pubblicazione del Manifesto dei valori per il partito democratico, non lascia scampo a negoziazioni. Si va, inesorabilmente, verso la scissione. Al congresso dei Ds di aprile la maggioranza di Fassino e D'Alema vincerà l'assise. Le due minoranze, quella che fa capo all'ex Correntone di Mussi e quella della terza mozione di Angius, puntano, insieme, a raggiungere il 30% dei voti degli iscritti della Quercia. Una percentuale importante che farà venire la febbre alta perchè al di là del risultato, le due opposizioni interne ai DS non accetteranno di entrare nel nuovo partito democratico. Per salvare l’immagine e soprattutto per evitare di essere trattati come traditori o peggio come incapaci di dialogare e di accettare le regole democratiche interne faranno sentire al congresso, le loro ragioni e la loro irrinunciabile quanto speciosa 'identità socialista". Poi saluteranno i vecchi compagni e andranno per la loro strada. Ma non patiranno a lungo la solitudine. Nè avranno tempo per recriminare sul destino. Ad attenderli proprio fuori dal Palalottomattica i partiti della sinistra radicale, Rifondazione Comunista, Pdci e Verdi, già pronti e ansiosi a dare vita con loro ad una federazione, aperta anche ai movimenti e alle forze antagoniste. Primo e prossimo appuntamamento le elezioni europee del 2009 prima di ritrovarsi, si dice e nessuno lo nega, in una nuova aggregazione unitaria. Hanno già trovato il nome:”Sinistra Socialista”, stabilmente ancorata alla tradizione italiana ed europea del socialismo. Fassino, D'Alema&C. sono pronti a tenere botta. In fondo meglio così, fanno sapere. La chiarezza alla lunga paga. Consapevoli anche loro che tutto questo arriva con molti anni di ritardo. Le lacrime di Occhetto, alla Bolognina... avevano un senso!

L'eremita di Lampedusa e la manifestazione di Vicenza


La manifestazione dell'estrema sinistra in programma a Vicenza per protestare contro il via libera del Governo Prodi all'allargamento della base USA, si sta, inevitabilmente, caricando di pressione e di "nervosismo". La scoperta e i recenti arresti dei militanti di una cellula delle nuove BR, l'invito dell'ambasciatore USA ai suoi concittadini di allontanarsi il più possibile dalla zona, e soprattuto le dichiarazioni degli organizzatori della manifestazione, hanno fatto lanciare al ministro Amato un accorato invito a non trasformare la manifestazione di Vicenza in un luogo potenziale di cultura eversiva.
Vi è di più! Ferma restando la libertà a manifestare, ripresa in ogni dichiarazione e leggittimamente richiamata da quanti intendono essere presenti al corteo e protestare, mi piacerebbe che ci fosse evitato di ritrovare in testa al corteo e in cima alle dichiarazioni la presenza di qualche "eremita di Lampedusa" - epigone di coloro che intorno al 1450 si ritiravamo nell'eremo di Lampedusa, dove nel solitario San­tuario esercitavano il doppio culto cristiano-musulmano della Croce e della Mezza Luna. Invito pertanto i vari ministri, sottosegretrari e via parlamentando che a Roma e a Palazzo Chigi appoggiano un Governo, forse davvero senza alternative, di evitare di farsi fotografare, rilasciare dichiarazioni o peggio inveire contro Prodi, D'alema, Parisi .... rei di essere servi degli amerikani. La vostra posizione è chiara. Nessuno vi rimprovererà di aver abiurato al vostro pacifismo. Ma risparmiateci questa indecorosa poltiglia di demagogia politica, non solo fine a se stessa, ma capace solo di autorizzare chiunque e primi tra tutti voi stessi a ritenere che "la responsabilità di governo" è un optinal che va bene solo quando e solo se si fa quello che dico io. Per favore!


martedì 13 febbraio 2007

I nemici a sinistra

La scoperta e gli arresti della nuova cellula delle Brigate Rosse riapre la mai sopita discussione sulle responsabilità e sulle necessità di una analisi storico-politica sui cosidetti "nemici a sinistra". Il rituale quanto opportuno e ovvio richiamo ai fondamenti democratici delle aree politiche e sindacali da cui emergono alcuni dei componenti di queste nuove cellule - questa volta è la CGIL ad essere direttamente coinvolta - è fuori discussione. Bene quindi ha fatto Epifani, con coraggio e con chiarezza - a togliere di mezzo ogni strumenatalizzazione e ogni parossistica connivenza.
Lasciamo a Bondi e ad AN l'ingrato e stupido compito di fare polemica politica con il terrorismo.
Ma non posso lasciar passare nell'indifferenza alcune considerazioni che ho letto e che negano, con una miopia inspiegabile, una realtà che il paese e la sinistra si trascina ormai dal lontano '77. Sto parlando di quelli che Nenni molto tempo prima aveva definito "i nemici a sinistra". Negarne l'esistenza e soprattutto sottovalutarne la portata deflagrante in alcuni ambienti è miopia. Ritenere poi che dopo ogni maxi retata siano stati completamente debbellati, mi sembra una superfiaclità pericolosa. La storia politica e sociale della nostra sinistra non finirà di produrre "nemici alla sua sinistra". Contrariamente a quanto si pensa o si vuol lasciar pensare non è la grammatica delle parole della politica dell'estremismo con i suoi slogan e le bandiere bruciate che ne alimentano le ceneri. Nè la totale inacapità della sinistra stessa di rispondere alla domanda di radicalismo espressivo che proviene dalla marginalità e dalla precarietà sociale di alcune aree dell' antagonsimo politico. Quello è appunto antagonsimo che non ha niente a che vedere con il terrorismo.
I "nemici di sinistra" sono la mal riuscita assunzione di responsabilità che la sinistra, nel suo complesso, non è riuscita a completare, subito dopo i cosiddetti anni di piombo. In particolare l'aver data per conclusa e definitivamente superata una fase storica, senza approfondire il grado di profondità delle ragioni che essa aveva raggiunto.
Il terrorismo è stato semplicemente sconfitto, ma mai superato. Per superarlo sarà necessario dare a questo paese forse una migliore e più condivisa forma e attuazione alla democrazia compiuta, capace di alimentare e sostenere una convivenza politica e sociale in cui la grammatica della violenza non sia più declinata in ogni aspetto della controversia dialettica e non - dal calcio alla politica, dalla tv al gossip, dalla burocrazia al giornalismo. Il terrosirmo è un virus da cui non si guarisce mai. Un corretto e sano stile di vita "democratico" e responsabile evita pericolose recidive.

Cosa si nasconde dietro il no di Unipol a Bazoli?

Sembrava tutto fatto. Le nozze Hopa-Mittel erano ormai annunciate. A Brescia tutto era pronto per brindare al nuovo successo e alla definitiva conquista del potere finanziario sull'asse padano-veneto. Ma un imprevisto NO di Unipol, socio del patto di sindacato che governa la bresciana Hopa di Gnutti&Friends, ha mandato tutto a carte quarantotto. Si dice per pochi centesimi di euro. Uno 0,25 per azione, che moltiplicati per i milioni di azioni che sono in mano a Unipol fanno sempre una bella plusvalenza. Ma se fosse solo questione di centesimi l'accordo l'avrebbero trovato prima del consiglio di ieri. Cosa altro nasconde, quindi, questo NO, urlato, di Unipol a Bazoli? Innanzitutto, lo sgambetto ha un sapore di un avvertimento. Il rullo compressore che si è abbattutto sull' alta finanza italiana non può schiacciare tutto e tutti, si vuole dire. Poi sotto sotto c'è anche un messaggio per così dire politico. La tenaglia che si sta formando tra il clan Bazoli da una parte e quello Geronzi dall'altra e che molto probabilmente si andrà a stringere sul nuovo assetto di Mediobamca e Generali - regine di tutti i giochi finanziari italiani - non piace a chi non ha ancora digerito la fusione Intesa-San Paolo e a chi ha segrete velleità su Capitalia. Quindi Unipol ha lanciato il guanto di sfida non tanto perchè vuole mettere i bastoni tra le ruote a questo progetto, ma perchè molto probabilmete vorrebbe evitare che il magma delle conseguenze che si scatenerà non la penalizzasse più di tanto. Patti chiari subito. E amici come prima. Poi ognuno per la sua strada.

lunedì 12 febbraio 2007

L'Italia e il fattore Wimbledon

Diventato il paradigma che ha caratterizzato la politica economica di Tony Blair, il fattore Wimbledon merita, a mio giudizio, una lettura italiana. Farebbe bene al nostro paese la strada che la GB ha seguito in questi ultimi 10 anni scegliendo di aprire, senza condizioni, la strada alle acquisizioni e allo shopping internazionali dei gioielli dell'imprenditoria pubblica e privata?
A Londra dicono che il fattore Wimbledon ha fatto in modo che la City diventasse il vero e nuovo centro mondiale della finanza e degli affari. Poco importa se gli stranieri orami controllino la maggior parte delle aziende britanniche e che non ci sia giorno in cui non si registri il passaggio di un'azienda inglese in mano straniere. I benifici sono più dei rischi. Se è vero come è vero che Londra è ormai il centro economico e finanziario del mondo e che da qui passano ormai la maggior parte delle esportazioni mondiali. Fino a far dire che "la libertà di movimento dei capitali è la vera variabile competitiva di successo per l'economia di un paese".
Ma il risvolto della medaglia c'è e pesa anche molto. Come il brusco abbattimento delle entrate fiscali ..., come la fuga degli utili e dei profitti delle aziende, una volta inglesi, verso l'estero ... e ancora il rischio di pesanti emorragie per l'occupazione.
Ma tant'è che Tony Blair e i suoi Labours non intendono cambiare strategia. Nonostante il paradosso che vede gli industriali inglesi che cominiciano ad essere sempre più preoccupati.
Da più parti anche in Italia si ritiene che l'effetto Wimbledon farebbe bene alla nostra economia. Per tanti motivi si dice. Tra questi il principale sembra essere quello di ridare slancio alla competitività - soprattutto nei servizi e nel credito - ma non solo, farebbe confluire capitali che potrebbero essere riinvestiti, rimettendo in moto un'economia asfittica e autoreferenziata. Qualcuno avanza l'ipotesi che con l'impulso delle multinazionali l'Italia ritornerebbe a primeggiare nella ricerca, nell'innovazione e nei brevetti. Insomma, un panacea per tutto il paese. I ritorni negativi, uguali a quelli che si stanno rivelando in GB sarebbero un caro prezzo da pagare. Ma nel lungo periodo gli effetti benefici ne ridurrebbero la portata e il peso.
La cosa strana è che in Italia, proprio contrariemente a quanto avviene al di là della Manica, a chiedere la totale apertura dei mercati sono gli industriali e a frenare i politici che hanno fatto dell'italianità un bene prezioso da difendere e custodire con gelosa perseveranza. Un peccato d'orgoglio che spesso ci condiziona e ci penalizza. In Italia non abbiamo Wimbledon, dove un inglese non vince da secoli ma sono i migliori tennisti del mondo ad aver creato il mito del torneo di tennis più prestigioso, ma forse ne avremmo proprio bisogno.

La buonuscita di Cimoli

La maxi-liquidazione che il Ministero del Tesoro si accinge a dover pagare all'ex a.d. di Alitalia, Giancarlo Cimoli, sta dando vita ad un vero e proprio caso politico. Una cifra scandalosa e inconcepibile - si parla di oltre 5 milioni di euro - che il manager avrebbe concordato già all'inizio del suo mandato come "salvatore dell'Alitalia". L'affaire Cimoli che speriamo si concluda con una decisione che salvaguardi almeno la decenza delle istituzioni, rappresenta la punta di un iceberg che nasconde un problema che sembra alquanto difficile da affrontare senza presupposti ideologici e senza un pregiudizio di fondo. Il problema è semplice: per i manager che amministrano aziende pubbliche ci deve essere un tetto allo stipendio? Da uno sguardo agli emolumenti dei top manager privati e dei top manager pubblici si nota che tra le due categorie la differenza è minima. Anche se i manager privati possono contare sulle famose stock otpion che sono una manna per coloro che fanno bene il loro lavoro - si pensi che Sergio Marchionne, a.d. di Fiat molto probabilmente nel 2010 staccherà una cedola per le sue azioni Fiat di oltre 130 milioni di euro.

I sindacati e molti esponenti della sinistra vorrebbero che vi fosse un parametro che definisse l'emolumento del top management delle aziende pubbliche, legato in qualche modo allo stipendio dei dipendenti. Soluzione alquanto bizantina. Da più parti si sente però dire che i bravi manager devono essere pagati, a volte strapagati. Altrimenti non accetterebbero di lavorare per le imprese pubbliche. Ma... è giusto che non debbano in alcun modo rispondere dei risultati?
Il mercato dei manager è un mercato molto competitivo. All'estero le aziende pubbliche si contendono i migliori manager sul mercato. Strappandoli alle aziende private. Ma la variabile non è lo stipendio - in media i manager pubblici europei hanno stipendi più bassi dei loro colleghi italiani - ma a fare la differenza sono i bonus che si concordano sui risultati. Una forma di meritocrazia che in Italia non accetterebbe nessun manager. Perchè? Semplice: l'Italia è da sempre il paese delle garanzie. Per mandare a casa Cimoli a momenti ci sono voluti i carabinieri. Chi accetterebbe di mettersi in gioco, senza una lauta, protetta e generosa liquidazione? Come può mancare in contratto una manaleva concordata ante-post sugli eventuali errori o sulle "sorprese" contabili" ex post?
Retaggi di una cultura dell'appropriazione che parte da molto lontano.
Forse tra le lenzuolate di Bersani un ricamo lo dovrebbe dedicare a questo aspetto.
Gestire con efficienza la cosa pubblica è o non è competizione?

domenica 11 febbraio 2007

Se Prodi si traveste da Sandokan

La visita in India di Romano Prodi sta incontrando un buon successo e una buona accoglienza. Ma come spesso accade il messaggio che questi "viaggi" nascondono ha contenuti prettamente politici e si rivolgono soprattutto alle cose di casa nostra. Cosa ci manda a dire il nostro premier da così lontano? Una cosa chiara. Mentre in Italia si fa maretta e si litiga per le "piccole" cose, il mondo va avanti e l'Italia rischia di perdere il suo aggancio con il futuro. La politica estera economica italiana deve garantire al nostro paese un ruolo nei nuovi equlibri mondiale.
Agli industriali che se ne stanno buoni buoni ad aspettare che il Made in Italy faccia il lavoro per loro dice a chiare lettere che occorre recupare il ritardo di relazioni economiche e industriali con i paesi emergenti. Ne ha al seguito oltre 400. Si spera che faranno un buon lavoro nei tanti "Forum dei Ceo" che sono previsti. Torneranno con le idee chiare e come sottolinea Montezemolo "pronti a concordare con il governo una griglia prioritaria di interventi concreti". Uno qui si chiede che fine hanno fatto quegli intraprendenti pioneri che incuranti delle difficoltà dei mercati lontani hanno preso, senza griglie prioritarie, bagagli e bagatelle e sono andati a investire in giro per il mondo. Va detto per giustizia che la globalizzazione non si affronta a petto nudo, ma occorrono programmi di ampio e coordinato respiro. E qui solo il sistema Paese può competere e aggregare le opportunità e intecettare il futuro.
Ma la cosa che mi pare Prodi manda a dire, da Calcutta o giù di lì, al paese e soprattutto ai suoi alleati, è che per garantire all'Italia il ruolo economico e politico che deve avere per poter competere nel mondo è assolutamente necessario che sia ritenuto un paese credibile, affidabile e soprattutto stabile nelle sue alleanze e nei suoi impegni internazionali.
Come altro modo non leggere le seccate battute con cui dall'India il Premier liquida le polemiche in corso in Italia sui Dico, su Vicenza e sul ritiro dall'Afghanistan?

Senza parole


Il copyright del Papa

Il Vaticano sta lavorando ad una legge sul diritto d'autore che dovrà tutelare gli scritti, le immagini e la voce del Papa. La norma è maturata dopo che la Commissione vaticana che ha il compito di divulgare l'immagine e le parole del Papa ha evidenziato che il rischio di manipolazione e di abusi è andato fuori controllo. Il mercato è vastissimo sia in termini economici sia in termini qualitativi.
Non c'è dubbio che la decisione muove qualche riflessione. Il Papa, con le sue immagini e le sue parole, svolge il suo altissimo ruolo pastorale. La Chiesa è parola. Gli incontri domenicali per l'Angelus, le bellissime ed emozionanti udienze nella sala PaoloVI, le sue foto in giro per il mondo, i suoi discorsi sono "la comunicazione" della Chiesa. Come si può pensare di regolarne l'uso? Altra cosa sono le pubblicazioni: i tantissimi libri che si stampano nel mondo, le encicliche... Ma qui c'è la Lev - Libreria editrice vaticana - che da sempre vede e provvede. Una ulteriore regolamentazione sembra necessaria. Visto che il Vaticano non ha una sua legge ma si rifa a quella italiana. E forse va fatta, anche se sono molto d'accordo con quello che dice Vittorio Messori , quando afferma "come la mettiamo con le leggi del Vangelo, in cui Cristo ci invita a diffondere la parola".

Fin qui la riflessione tecnica. Ma non posso evitare di notare come , se persino il Papa si arrocca dietro il copyright, si fa a contestare chi alza barriere invalicabili - soprattutto per i giovani e per i meno abbienti - all'accesso gratuito all'informazione e alla cultura?

sabato 10 febbraio 2007

Le domande di Tamburini

Stanno per arrivare a termine i tempi tecnici delle inchieste sulla stagione delle scalate e del risiko bancario dell'estate del 2005. Stanno per arrivare senza quel clamore che le aveva precedute e accompagnate nel loro primo avvio. E autorevoli giornalisti già si chiedono cosa verrà fuori dal cilindro dei magistrati. Tra questi L'Editorialista del Sole 24Ore, Fabio Tamburini che sulle colonne del suo giornale aspetta di vedere e capire come i magistrati siano riusciti a far emergere con responsabilità e chiarezza gli intrecci perversi e le connivenze riprovevoli che si sono manifestate in quel periodo tra la politica e l'alta finanza. Cosa verrà fuori dall'abbondante materiale che è stato raccolto in questo anno e mezzo? Fermo restando, dice Tamburini, che anche se non dovessero emergere fatti penali, la pena mediatica farà ugualmente giustizia per i comportamenti discutibili dei molti personaggi coivolti. Ma su tutto questo preme l'interesse prevalente che giustifica tanta attesa. Dato per certo e scontato - per la verità smentito da Consob e dalle testimonianze degli stessi Fiorani e Boni - l'intreccio tra la scalata AntonVeneta di BPL/Fiorani e la scalata BNL di UNIPOL/Consorte, Tamburini chiede ai magistrati, , di dare risposta alle domande più inquietanti di tutta la intriganta vicenda. "In che misura Consorte ha sfruttato le coperture politiche? Quali sono le complicità su cui ha potuto contare nelle istituzioni? E soprattutto quali sono le responsabilità?"
Lasciandosi cogliere in un eccesso di previggenza nell'anticipare che nei materiali dell'inchiesta vi sono spunti davvero sconcertanti.
A Tamburini poca importa di sapere se ci sono reati da contestare e portare a giudizio. Consorte va giudicato per le sue "relazioni". E questa sarebbe anche giusta cosa se si capisse bene di cosa Consorte verrà accusato.
Quelle domande piuttosto avrebbero senso se i magistrati, dall'abbondante materiale, facessero emergere perchè la scalata BNL doveva fallire. Avrebbero senso se i magistrati facessero emergere come è nato e chi ha fatto nascere l'intreccio tra le scalate AntonVeneta e BNL.

giovedì 8 febbraio 2007

La sinistra e ..le tasse

Ha lasciato un pò tutti un pò sbigottiti la campagna promossa da Libération a favore delle imposte e delle tasse in Francia. Accogliendo la petizione " Vive l'impòt" di alcuni intellettuali ed economisti di sinistra e di centro, il quotidiano francese ha rotto un tabù. Quello che vuole l'argomento tasse come impopolare e soprattutto molto ma molto rischioso. Certo il dibattito è come dire, molto francese. Ci sono le elezioni presidenziali... Ma un riflesso lo potrebbe avere anche qui da noi. Forse potrebbe aiutarci a capire meglio il rapporto tra tasse e servizi, tra tasse e sviluppo, tra tasse e competitività, tra tasse ed efficienza, tra tasse e buongoverno.
In Francia si riesce a parlarne per un motivo molto semplice. Ai francesi non sfugge che il loro "benessere" sociale passa attraverso le imposte e le aliquote - Oltralpe sono ben oltre il 40%. Ma i nostri cugini sanno bene e a loro non sfugge certo che ogni euro di tasse corrisponde a qualcosa di chiaro, definito, misurabile e riconoscibile.
Se anche qui da noi si potessero deliniare i percorsi di "spesa" o di chiara identità della spesa collegabili alle tasse forse non sarebbe un tabù parlarne, ma soprattutto sarebbe assai meno demagico gridare allo stato-sanguisuga o al ministro-dracula.
Un esempio: il fondo proveniente dal gioco del Lotto per i Beni Culturali. Avete mai sentito qualcuno che si è lamentato del caro-schedina? Sapere che il 5per1000 è anadato e va al recupero del patrimonio culturale del nostro paese non solo ci fa piacere ma ne siamo un pò anche orgogliosi....

martedì 6 febbraio 2007

La Lega Calcio si lava la coscienza

Il Consiglio della Lega Calcio ha deciso di devolvere 420.000 euro alle famiglie del dirigente calabrese Licursi e del poliziotto catanese Raciti. Ogni club si autotassera' di 10.000 euro.
Lavata la coscienza - con un spruzzo di acqua gassata - tutto deve tornare come prima. Sin dalla prossima domenica. All'unisono i presidenti delle squadre di calcio di serie A e serie B, riuniti a Roma, hanno detto no alle partite a porte chiuse, no alle responsabilità oeggettiva, no alle troppo drastiche decisioni del Governo e della FIGC.
Un fermo NO su tutta la linea. A fare da portavoce a queste posizioni il loro presidente, Antonio Materrese. Si proprio lui, quello che senza un briciolo di vergogna è andato a dire che "purtroppo i morti fanno parte di questo sistema".
Qualche voce fuori dal coro - Zamparini e Garrone - non salvano dall'ipocrita figuraccia.
Ancora una volta i nostri eroi hanno perso una grande occasione per non apparire dei ricchi idioti, grassi nel portafoglio e privi di rispetto.
Per non parlare dei calciatori che in questi giorni hanno balbettato qualche parola senza senso prima di approfittare della forzata pausa per andare in vacanza al mare dei tropici.
Speriamo che Amato e Pancalli non si facciano condizionare e diano una lezione di dignità a tutti questi lor signori.

Riparte il risiko bancario

Completata la fusione Intesa-SanPaolo, all'orizzonte - non tanto lontano in verità - si comincia ad intravvedere la nuova partita che agiterà i sonni e le penne dei commentatori finanziari. Al centro del nuovo risiko: Capitalia di Cesare Geronzi. Rimessa a nuovo e adesso molto appetibile la banca romana sta entrando nel vortice dei corteggiamenti. Il via l'ha dato il Governatore della Banca d'Italia che al Forex ha detto che il sistema bancario italiano potrebbe dar vita ad altre concentrazioni. Da qui si parte. A far il filo a Geronzi e Arpe c'è già la fila dei corteggiatori. Alcuni graditi altri un pò meno, come Abn Ambro di cui Geronzi vorrebbe in qualche modo limitare il peso di socio di maggioranza. Anche perchè intorno a Capitalia si gioca una partita ancora più delicata: la governance di Mediobanca, cioè le Generali che rischierebbero di vedersi spostare in Olanda il loro baricentro.
Fedeli al motto "piatto ricco mi ci ficco". In ordine sparso si avvicinano i pretendenti. Alcuni che si dichiarano subito come Banco Santander che non vede l'ora di sbarcare in Italia, altri tentano le sortite come Abn-Ambro che raschia ogni giorno il barile dei titoli per crescere piano piano. Altri ancora si rifiutano di corteggiare come MPS - che ne avrebbe tanto bisogno ma che non vuole mollare la sua dimensione locale, dove si dice si sta bene e non si fanno danni. Altri ancora girano larghi ma non perdono di vista la preda come l'Unicredit di Alessandro Profumo.
Intanto il gossip finanziario racconta rumors che per adesso trovano secche smentite. Ma sembra che più si smentisce più si ribadisce. Tra i rumors più smentiti c'è quello che vorrebbe proprio Profumo e Geronzi pronti ad un accordo di alleanza. Non solo perchè l'affare è di quelli che vale la pena provarci. Ma anche perchè sotto sotto ci sono interessi che andrebbero in qualche modo protetti. Della governace in Mediobanca abbiamo già detto. Inoltre la voglia di "dual governace" dei manager di Mediobanca, proprio ieri, bacchettata da Profumo in persona, invita a non correre rischi. Ma lo sguardo va oltre. E si ferma alla faida interna al centrosinistra. La fusione Intesa-SanPaolo ha rotto gli equilibri. La sinistra deve bilanciare con un'altra megafusione lo strapotere finanziario che la fusione bresciana-torinese ha regalato al duo Prodi-Bazoli. Non c'è altra possibilità. Ma per farlo sanno bene che non devono dare nell'occhio e distrarre quanto possibile il conducente. La lezione Unipol/BNL brucia ancora. Farsi impallinare ancora una volta sarebbe troppo, per la sinistra e per i diesse.

lunedì 5 febbraio 2007

L'eredità di Tony Blair

Mancano ormai pochi mesi e Tony Blair concluderà la sua lunga avventura come longevo - 10 anni - Primo Ministro della Gran Bretagna. Come ogni grande statista uscirà di scena con un fallimento. Bersagliato da scandali e da critiche, Tony Blair prova a lasciare rilanciando.
Appare convinto quando dichiara che molto ha ancora da fare prima di lasciare il posto allo scalpitante Gordon Brown. Ma nessuno ci crede più.
Di errori gravi Blair ne ha fatti tanti. La guerra in Iraq resta l'errore più grave. Anche se gli inglesi non gli perdonano le tante bugie e la corruzione di alcuni suoi collaboratori.
Ma per Blair il tempo sarà galantuomo? Lui ne è convinto. Tony Blair si assume il merito di aver cambiato in dieci anni il volto del suo paese. Riforme sociali, riforme economiche e soprattutto lotta alla emarginazione sociale. Città piegate dalla disoccupazione che hanno ritrovato rilancio e futuro. I ricchi sempre più ricchi ma i poveri senza dubbio assai meno poverio. L'economia che va come non mai. Nuove scuole, nuovi ospedali, città rimesse a nuovo. Tutto meglio di tutto. Anche se poi i suoi ministri vanno in televisione o dichiarano che Blair al governo è stato un disastro. E che è stata l'economia britannica e il no all'Euro a fare tutto. Opinioni!
Ma un merito a Blair nessuno lo toglierà di sicuro. Quello di aver messo in soffitta il socialismo. Con il suo New Labour, Tony Blair ha detto alla sinistra europea che al nuovo si guarda senza paraocchi e senza troppa ideologia. Improbabile che a casa nostra questa esperienza diventi una lezione o meglio, un esempio.

E se dal dibattito si passasse ai fatti?

Non c'è giorno che tra i riformisti di centro, i riformisti di sinistra, quelli di sopra e quelli di sotto, non si intrecci l'occasione di dibattere sul nascente Partito Democratico. Un dibattito che appare ormai orientarsi verso la più assoluta sterilità. Contorto e inutile a tal punto che molti ormai credono che finchè se ne discuterà non ci sarà pericolo che qualcosa di reale si faccia.
Le parole d'ordine che alimentano questo dibattito sono ferme e risolute. Dalla necessità si passa a quello che dovrà essere e quello che invece non dovrà essere, a quello che si può fare e quello che non si può fare. Parole che si incartano e immagini che si sovrappongono, in contrasto molto spesso tra loro. Un delirio che dice solo che forse questo nuovo partito Democratico di futuro ne ha davvero poco.
Difendiamola questa necessità, senza definirla con lo sguardo al passato o peggio rivendicandolo questo passato.
Anche se viene da pensare che se davvero fosse necessario, sarebbe già una realtà, fatta e quasi finita.
Cionostante, se davvero è un'esigenza il partito Democratico non può e non deve avere un passato. Non può avere un'identità già costituita. Non può nascere con le carte in regola. Non avrebbe senso. Bisogna solo saper dire cosa a partire da qui si vuole fare, si vuole essere. La grammatica politica delle parole si arrenda all'immaginazione. Non guidi il pensiero quel tragico e doloroso desiderio di traghettare il passato nel futuro.

"Solo coloro che non hanno un futuro, credono di dover ancora traghettare il passato."

Ipse Dixit

" I morti del sistema calcistico fanno parte di questo grandissimo movimento che le forze dell'ordine ancora non riescono a controllare"
Antonio Matarrese, Presidente della FIGC
Sconcertante....!!!!

domenica 4 febbraio 2007

Il calcio in ginocchio

E' andata come doveva andare. Il calcio si è rotto, definitivamente. Stadi chiusi, campionato sospeso, sine die, riunioni urgenti, attese decisioni drastiche e radicali.
Da passione a incubo. Un lungo tragitto di italiana incontinenza verso il baratro della follia di massa. Protagonisti non solo gli ultras e la loro follia, evidente dimostrazione di instabilità mentale - dicono sociale, ma non ci credo più di tanto. Ma spazio in cartellone e prima fila in questa farsa che diventa tragedia ai dirigenti del calcio troppo occupati ai bizantinismi della politica , ai presidenti che cadono sempre dalle nuvole, ai manager e ai procuratori che devono dimostare che non sono fessi, ai calciatori che un' occasione così non si presenta due volte, ai giornalisti sportivi che la pagina è bianca e va riempita.
Stop. Finito. Tutti a casa. Anche se a casa molti ci erano andati da mò!
Domani ci diranno che le drastiche decisioni adottate riporteranno le famiglie allo stadio. Tolleranza zero. Ma il calcio è ormai finito. Si è soppresso da sè. Anche in Italia. Finito dappertutto. Trasformato qui o là in giro per il mondo in un triste spettacolo di se stesso. Attori consunti, balbettii in scena, parrucche impolverate. Un teatro delle cose, non più emozione, sparita la passione, la gioia di vincere, la sfida all'orgoglio, la rincorsa di un sogno. Rimane un assegno immancabilmente in protesto. E tante finte parole che attraversano gli schermi a pagamento.
Impossibile oggi dire altro.

Ipse Dixit

"Il tifo è un pretesto, lo stadio un nuovo luogo di modernità criminale di massa."
Giuliano Amato, Ministro degli Interni

sabato 3 febbraio 2007

Un giornalista anaffettivo

Alberto Statera è, senza dubbio, una delle firme più illustri del giornalismo italiano e di "Repubblica" in particolare ! Graffiante, colto e lucido nelle sue inchieste e nei suoi commenti. A leggerlo non solo si capisce ma s'impara anche. Ti regala il bandolo della matassa e te lo fa seguire tra i misteri e i segreti dell'Italia "da retrobottega". Da qualche settimana sulle pagine di Repubblica ci racconta "Chi comanda in città...". Oggi ci ha preso per mano e ci ha portato tra i portici di Bologna, in piazza Verdi, sotto la fontana del Nettuno, dentro i fatti e i misfatti della Bologna "sazia e disperata".... e mentre racconta ...dice. Tra le cose che ha detto colpisce un' affermazione che lascia perplessi. Quando porge il suo sguardo e il suo racconto - un passaggio breve ma deciso - su Via Stalingrado. Si legge: ... "Da dove Giovanni Consorte ....coltivava con l'Unipol e le scalate dei furbetti il suo sogno di potenza e di ricchezza. Il successore Pierluigi Stefanini .... sta asserragliato in via Stalingrado a ricostruire l'onore perduto."
Due frasi che Alberto Statera ha molto probabilmente scritto di getto. Altrimenti da un giornalista " esperto e anaffettivo" come lui ci si aspettava un atteggiamento un filo più lucido. Statera sa bene, altrimenti cambi mestiere, che il sogno di potenza e di ricchezza Consorte, in fondo lo ha realizzato - se è vero come è vero che Unipol sotto la sua guida da azienda alle soglie del fallimento è diventata, nonostante ostacoli e strumentali intercessioni, in un decennio il terzo gruppo assicurativo e finanziario italiano. Se poi Statera, parlando di onore perduto si riferisce alle inchieste della magistratura in corso sull'operato di Consorte, farebbe altrettanto bene ad aspettare se non un processo ... almeno di conoscere i termini di un eventuale rinvio a giudizio, se mai ci sarà. Se nel suo breve giro sotto i palazzi di Via Stalingrado, Statera si fosse fermato a guardare meglio, certamente avrebbe visto Pierluigi Stefanini impegnato a lavoro per consolidare e, forse, implementare, quanto Consorte ha fatto. Non certo a ricostruire l'onore a chicchessia.

Il calcio si ferma la RAI...no!

Ieri sera il calcio italiano ha vissuto un'altra delle sue pagine "nere". I fatti di Catania ci lasciano , ancora una volta, incredubili e sbigottiti di fronte a tanta stupida e insensata violenza. La risposta del mondo del calcio arriva immediata. Questa volta forse meno indecisa di altre volte. Il Commissario Straordinario della FIGC, Luca Pancalli, ferma il calcio.Decisione saggia, fors'anche non decisiva per la soluzione di un problema complesso, antico e da troppo tempo sottovalutato - si attendono i commenti dei "benaltristi" del momento.
L'Italia discute e si interroga. Tutto da copione. Certo!
Talemente perfetto che .... la RAI, stamane che fa? Manda in onda - Sabato, Domenica & ... - Rai1, ore 9,15 ca. - una lunga intervista, in diretta, a Luciano Moggi che, sostenuto da Franco di Mare e dall'esperta Sonia Grey, dopo, bontà sua, aver dedicato alla tragedia di Catania una breve e banale battuta, ci racconta in una paradossale, quanto inopportuna - crediamo noi -seduta di autoanalisi, la sua crisi "esistenziale" da ex Re del pallone.
Tutto questo mentre i quotidiani, quasi tutti, "misurano la notizia". Dedicando, tutti e per due giorni di seguito, in media circa 12 pagine al giorno alla Telenovela di Macherio - interpreti Veronica Lario, nella parte di lei e Silvio Berlusconi, in quella del "malamente" - e, oggi, solo due pagine ai fatti di Catania. Dimostrando, se ancora ci fossero dubbi, che il vero Reality show non lo vediamo in Tv. Diteci però come possiamo fare le "nomination"???

giovedì 1 febbraio 2007

Una brutta notizia

Mauro Monti, un amico, un appassionato comunicatore, attore, regista (come amava definirsi), ci lascia, tragicamente. Insieme a lui anche la sua fidanzata Mara Gianella. Due vite spezzate in pochi minuti sull'A4, a mezzanotte. Un incidente stradale che non ha lasciato loro scampo. Una morte assurda. Di lui, di loro voglio ricordare il temperamento e la passione. Espressioni di una vita davvero speciale. Sottolineata da un episodio che li ha resi oltremodo speciali. Mara e Mauro il 26 dicembre 2004 erano in vacanza in un resort aDickwella nello Sri Lanka quel giorno che l'onda assassina ha distrutto tutto. Senza soldi, passaporti nè abiti, hanno vagato per 20 ore tra i villaggi feriti a morte dal cataclisma e la giungla. Ne sono usciti vivi e al loro rientro in Italia non hanno avuto altro pensiero se non quello di impegnarsi a ridare speranza ai tanti, troppi bambini che sono rimasti orfani e abbandonati. Hanno per questo dato vita all' ISOLA DEL CORAGGIO, "un progetto di solidarietà per aiutare Dickwella a ricostruire il paese, riaprire la scuola, riarmare i catamarani perché il mare, che aveva portato la morte, potesse ritornare a essere fonte di vita". Nonostante le mille difficoltà, gli ostacoli e l'incredulità di molti erano riusciti a fare quello che molti governi e ONG non sono riusciti a fare per quella gente e per quel paese. Quei bambini non sapranno forse mai che Mauro e Mara non potranno più aiutarli.

Una bella notizia

Proprio nel giorno in cui si apre a Parigi il terzo congresso contro la pena di morte, a Bruxelles, con una maggioranza schiacciante di voti, 591 sì, 45 no e 31 astensioni, il Parlamento Europeo ha dato il suo sostegno alla mozione comune presentata da Ppe, Pse, liberaldemocratici, verdi e sinistra europea per una moratoria "immediata e senza condizioni" della pena di morte, sollecitando, poi, la presidenza di turno tedesca "ad adottare con urgenza un'opportuna iniziativa in sede Onu, come sollecitato dall'Italia, per garantire che questa risoluzione sia presentata in tempi brevi" al palazzo di vetro a New York .

Provaci ancora, Sam!.

Tentativo fallito! Il CdA della RAI ha confermato che Bruno Vespa continuertà a condurre quattro "Porta a Porta" a settimana su RAI Uno, almeno fino a giugno. Il tentativo dei consiglieri in quota all'Ulivo nel Consiglio della RAI, di limitare la "massiccia" presenza di Vespa in video ogni settimana, è andato a vuoto. E Bruno Vespa non ha nessuna intenzione di rinunciarci, nonostante abbia più volte dichiarato che è pronto a rivedere il suo palinsesto, in cambio però di uno spazio più visibile per la sua trasmissione. Forse vorrebbe andare in onda in prima serata. Gli attacchi da sinistra non sembrano preoccupare il nostro anchorman. Continua a sostenere, cifre alla mano, che nelle sue trasmissioni spazio e attenzione verso i due schieramenti sono assolutamente equilibrati - Cencelli docet.
Credo che Vespa non sia proprio un pericolo pubblico per la sinistra, meno che meno per il centro-sinistra. Immagino e capisco i nervosismi per certi atteggiamenti faziosi e per certi suoi assist al centro-destra. Ma mi chiedo se davvero possiamo pensare che siano così decisivi e capaci di condinzionare le opinioni dei suoi telespettatori.
Recentemente Eugenio Scalfari ha scritto ..."Il mercato dei media è uno dei pochi luoghi in cui ... o sia sta con il governo o si sta con l'opposizione o si sta nel mezzo, a volte da una parte a volte dall'altra a secondo del giudizio sui singoli fatti. Ma questa è solo teoria. Resta il fatto che la dominante dei media tende al neo-centrismo".
Lo sanno i politici e lo sanno i giornalisti come Bruno Vespa.

Ipse Dixit

"Se il Vaticano continuerà a costruire chiese, i Ds continueranno a costruire le loro sedi: è solo così che il Partito Democratico potrà avere un legame con la società"
Ugo Sposetti, tesoriere dei DS, rispondendo a Rosy Bindi che di entrare nelle sezioni DS non ne vuole sapere.