domenica 4 febbraio 2007

Il calcio in ginocchio

E' andata come doveva andare. Il calcio si è rotto, definitivamente. Stadi chiusi, campionato sospeso, sine die, riunioni urgenti, attese decisioni drastiche e radicali.
Da passione a incubo. Un lungo tragitto di italiana incontinenza verso il baratro della follia di massa. Protagonisti non solo gli ultras e la loro follia, evidente dimostrazione di instabilità mentale - dicono sociale, ma non ci credo più di tanto. Ma spazio in cartellone e prima fila in questa farsa che diventa tragedia ai dirigenti del calcio troppo occupati ai bizantinismi della politica , ai presidenti che cadono sempre dalle nuvole, ai manager e ai procuratori che devono dimostare che non sono fessi, ai calciatori che un' occasione così non si presenta due volte, ai giornalisti sportivi che la pagina è bianca e va riempita.
Stop. Finito. Tutti a casa. Anche se a casa molti ci erano andati da mò!
Domani ci diranno che le drastiche decisioni adottate riporteranno le famiglie allo stadio. Tolleranza zero. Ma il calcio è ormai finito. Si è soppresso da sè. Anche in Italia. Finito dappertutto. Trasformato qui o là in giro per il mondo in un triste spettacolo di se stesso. Attori consunti, balbettii in scena, parrucche impolverate. Un teatro delle cose, non più emozione, sparita la passione, la gioia di vincere, la sfida all'orgoglio, la rincorsa di un sogno. Rimane un assegno immancabilmente in protesto. E tante finte parole che attraversano gli schermi a pagamento.
Impossibile oggi dire altro.

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