sabato 27 gennaio 2007

ECONOMIA/ Porte aperte ai Private Equity

Chi attraversa quotidianamente le pagine economiche e finanziarie dei quotidiani italiani avrà senz'altro notato che si fa un gran parlare di "private equity".

Il private equity è uno strumento di finanziamento un Fondo di investimento - mediante il quale un investitore apporta nuovi capitali all'interno di una società, che presenta un'elevata capacita' di generare flussi di cassa costanti e altamente prevedibili. L'investitore si propone di disinvestire nel medio - lungo termine realizzando una plusvalenza dalla vendita della partecipazione azionaria.


Chi lo ha fatto ha notato che fanno paura. In Germania qualcuno li ha definiti "le cavallette del capitalismo", negli USA fanno il bello e cattivo tempo a Wall Street...
Hanno la forza della liquidità e l'obiettivo primo e assoluto di far soldi. Entrano ed escono dalle società quotate e non. Ne destabilizzano il management, ne condizionano scelte e strategie. In America hanno di fatto preso il posto delle Banche d'affari che ne soffrono la liquidità e la spregiudicatezza che tanto piace agli americani.
In un recente dichiarazione il nostro ministro dell'economia Padoa Schioppa ha dichiarato che "non vi è alcun pregiudizio od ostacolo al loro massiccio ingresso in Italia".

Ma dove è il punto della questione? Se sono investimenti da attrarre ben vengano. Il paese ne avrebbe tanto bisogno. Sopratutto in questo monento.
Ma se tutto questo è vero, il risvolto della medaglia è assai preoccupante. Per tanti motivi. Il primo, evidente, è che la nostra finanza non è in grado di reggere l'urto. Il rischio è vedersi sfilare le golden share delle poche aziende italiane ad alto tasso di rendita. C'è poi quello che Parmalat ha lascito nel "cuore" di tanti piccoli risparmiatori italiani. Come tutelare il piccolo risparmio che ha poca voce nelle decisioni della Assemblee? Manca una regolamentazione in particolare sui diritti di voto e sui limiti della rappresentatività. Non solo in Italia per la verità. Se ne sta discutendo a Bruxelles.
A questo vada ad aggiungersi la fretta che lor signori hanno. Devono investire a breve, a volte brevissimo termine. La cassa non può aspettare. E si sa la fretta spesso fa i "gattini ciechi".

Tutto negativo. Assolutamente no. I private equity hanno avuto e hanno il merito di equilibrare il mercato dei capitali, spezzare l'egemonia delle banche d'affari - i salotti buoni, per interderci - e hanno tanti tanti soldi da rischiare. A beneficio delle aziende che fanno innovazione, a beneficio delle aziende che vogliono competere per vincere, a beneficio di chi è stufo di fare il giro delle sette chiese per trovare capitali freschi e disponibili.

Ma mi permetto di aggiungere un altro beneficio. Con loro ingresso in Italia forse finiranno i giochi di potere, delegati ai media e alle procure con le loro inchieste a soggetto, sostenuti dalla politica del comparaggio e dalle vendette trasversali, ordite per mano e per penna di qualche illustre finanziere di antico e nobile lignaggio.

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