Gianfranco Fini giudica «ineccepibile» la posizione del Ministro degli Esteri in vista del voto di domani. Mentre la maggioranza comincia a dare segni di ritrovata lucidità.
Le parole chiare e decise di Massimo D'Alema "Senza maggioranza sulla politica estera il governo darà le dimissioni" hanno avuto l'effetto desiderato. Dalle prime reazioni appare chiaro che la sinistra radicale sembra cogliere in pieno il messaggio di D'Alema se il capogruppo del Prc, Giovanni Russo Spena chiude la questione con un tocco da maestro dichiarando che «il dibattito al Senato riguarderà le linee strategiche complessive della politica estera italiana: è su questo tema e non su questioni specifiche, per quanto importanti, che si verificherà la coesione della maggioranza», ha detto. Tutto rientrato a sinistra? Sembra proprio di sì - a meno che non vi siano ulteriori aliti di protagonismo. Ma quello che appare strano è il pieno consenso alle dichirazioni di D'Alema che proviene dall'opposizione e da Gianfranco Fini in particolare. Un consenso certamente strumentale e un pò calcolato, nella speranza che qualche furbetto della sinistra preso da vis ideologica faccia lo sgambetto.
Un consenso che al di là del tatticismo politico non è solo una battuta ma va letto come una nuova tappa del processo di "posizionamento" da parte del leader di AN. Con questo suo "consenso" Fini, vuole recitare il ruolo dell'antagonista legittimo al Governo Prodi.
In realtà Fini dice senza giri di parole che il rispetto delle regole istituzionali è un dato oggettivo che deve regolare la vita democratica di questo paese. Io dalla mia parte mi propongo a garante perchè esse abbiano un senso compiuto, sembra dire. Al di là dell'ostruzionismo coatto che regna nella Casa delle Libertà.
Rubare spazio a Casini e alla sua tentazione di dialogo con il Governo è imperativo per chi studia da Primo Ministro.
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