Nell'aula della Conciliazione in Laterano, monsignor Romano Penna ha tenuto una conferenza per dare una risposta "contenuta" e "senza anatemi" al proliferare di libri che hanno come argomento la vita di Cristo. Dopo lo straordinario successo del "Codice da Vinci" di Dan Brown e dell'"Inchiesta su Gesù" di Augias e Pesce. Senza paragonare i due libri - quello di Brown è un fumettone "americano" in cui gli errori e le sviste storiche ne fanno un'opera di fantasia, mentre quello di Augias e del biblista Pesce riscontrano almeno una parziale attenzione e validità storiografica - dalla Conferenza di mons. Penna è uscito in sostanza un messaggio chiaro ed assoluto: la figura del Cristo non può essere compresa giustamente senza accogliere la sua forza mistica, il suo mistero. Ma vi è dippiù. Mons. Penna nega qualsiasi leggittimità storiografica a ogni altra fonte che non siano quelle riconosciute e autorizzate dalla Chiesa di Roma. Bollando ogni tentativo di storicizzazione del Cristo come sciocchi esercizi. In fondo nella loro inchiesta anche Augias/Pesce raccontano quanti millantati vangeli hanno invaso la nostra storia prima che la Chiesa riconoscesse come libri sacri solo i quattro Vangeli.
Senza entrare nel merito teologico dell'argomento. Mi sembra che un altro sia il punto che emerge. Non so se la Chiesa fa bene a chiudersi in questa sua rigidità. In fondo questi libri, pur nella loro incompletezza e palese approssimazione - rafforzano e riconoscono l'umanità del Cristo, senza scalfire la sacralità e il mistero della sua figura. In un momento storico in cui le contrapposizioni teologiche si stanno radicalizzando sentire, anche se non in perfetta sintonia con le verità ecclesiali - il Cristo uomo tra gli uomini può aiutarci a riflettere e a ravvivare la nostra fede.
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