venerdì 16 marzo 2007

Non nel mio giardino

La decisione della giunta del Molise di dare parere negativo alla realizzazione della prima centrale eolica offshore d'Italia, un progetto per un parco di 54 pale alte tra i 60 e gli 80 metri da far sorgere in pieno Adriatico, a circa tre chilometri dalla costa tra Vasto e Termoli, ci richiama alla realtà.
Ad una strana e bizzarra realtà. In cui si assiste ad una sorta di schizofrenia latente. Da una parte, i numerosi, quanto a questo punto inutili, convegni e interventi, promossi, nelle più disparate sedi, dalla miriade di organizzazioni che promuovono fonti di energia sostenibile ed alternativa - forti del sostegno dei Governi e dei piani europei che vincolano i paesi membri EU di quote di produzione energetica proveniente da fonti rinnovabili - che salutano con entusiasmo questa svolta storica verso uno sviluppo sostenibile. Dall’altra, nel quotidiano e nel particolare , con sempre maggior evidenza e ripetitività, questo fenomeno di assoluto rigetto, che dopo tanti episodi in Italia e nel mondo, si è visto riconosciuto anche un nome : “not in my back yard”, che in italiano suona “non nel mio giardino”, come sindrome che si oppone all’insediamento territoriale di impianti e infrastrutture.
Il caso Molise ha suscitato vivaci polemiche da parte delle organizzazioni ambientaliste che avevano visto nell’insediamento eolico, il primo vero cambio di strategia della politica energetica italiana, tra l’altro anche il primo intervento che contribuirebbe realmente alla lotta ai mutamenti climatici e all'adeguamento agli obiettivi di Kyoto. Ma tant’è che il presidente della Regione Michele Iorio (FI), sulla scia delle proteste dei sindaci della zona, degli operatori turistici che vedono minacciata la costa e l’appeal turistico paesaggistico del golfo e del ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, molisano DOC, ha bocciato il progettoQuesto in fondo è l’ultimo No di una lunga serie. Certo non si può fare di tutta un’erba un fascio. Ci sono No che hanno un peso diverso, diciamo un No più ambientalista, altri No più pacifisti, altri ancora più economici. Ma sempre di no si tratta. E sono No che partono tutti da un assioma che non solo infastidisce ma mantiene in qualche modo questo paese in perenne e costante ritardo. L’assioma è questo: Questi insediamenti, queste infrastrutture sono necessarie. Più che necessarie, assolutamente irrinunciabili…. I rifiuti ci stanno sommergendo, le fonti energetiche si stanno esaurendo e le vecchie costano troppo, i trasporti sono al collasso, il paese intero non si muove più, il clima è impazzito, etc… Occorre far presto e farlo in fretta. Ma non qui a casa mia. Come uscirne è il vero grande problema che questo paese deve risolvere. Non bastano certo i referendum o il coinvolgimento delle popolazioni. Che dite?

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