mercoledì 31 gennaio 2007

La lettera di Veronica

Al di là degli aspetti "privati" che la lettera di Veronica Lario a La Repubblica manifesta, con un senso d'imbarazzo per chi legge, mi sembra che vi siano due o tre segnali che vanno invece colti perchè "pubblici". Non voglio perciò entrare su quello che riguarda la sfera privata tra marito e moglie. Quel senso di definitiva rottura che non ci sorprende più di tanto. Succede anche nelle migliori famiglie, si direbbe. Il perchè e il percome sono roba loro. Quello che invece non può passare inosservato è il messaggio "politico" che la lettera contiene. Innanzitutto c'è un elemento imprescindibile di attacco. Se è vero - a dirla con Marshall McLuhan - che " il media è il messaggio", Veronica Lario ha voluto trasformare il suo "risentimento" in gesto politico. La scelta del principale media antagonista del ruolo politico del marito mette in evidenza che Veronica Lario ritiene che Berlusconi non sia più una persona affidabile. Non solo, ma evidenzia che il conflitto d'interessi che domina il mondo di Berlusconi è oltremodo vero e reale. Se finanche la moglie ha dovuto scegliere un giornale "nemico". Ma il messaggio "politico" più evidente è che Berlusconi non rappresenta più i valori dell'Italia neo/com. E' un uomo senza qualità, ci dice la moglie, che non ha rispetto della dignità e delle sensibilità delle donne e della famiglia. In piena querelle sul valore della famiglia - leggi Pacs e diritti di coppia - il leader della Casa delle Libertà non avrebbe voce in capitolo per rappresentare l'area moderata del paese. Un brutto e duro colpo all'uomo che per dare credito alla sua responsabilità giurava "sulla testa dei figli". Berlusconi non solo deve scuse pubbliche alla moglie, ma dovrà in qualche modo spiegare agli italiani se le sue gaffe e le sue battute - puntalmente smentite o minimizzate - non siano invece la ragione stessa delle sue idee.





martedì 30 gennaio 2007

Arrivano i Volenterosi

All'inizio volevano solo far cambiare alcune cose della legge finanziaria. Ci sono riusciti in parte. Adesso provano a fare sul serio. Sono i Volenterosi di Capezzone e Tabacci. Non si dichiarano partito, e nemmeno movimento. Ma provano a ricucire uno strappo che sembra sempre più lacerare la distanza tra la politica e i cittadini. Provano a occupare gli spazi politici che i partiti inesorabilmente non riescono più a presidiare, presi come sono da progetti e strategie di largo e lungo respiro - a sinistra il Pd, a destra il partito delle libertà. Si raccontano e si ridefiniscono ogni volta che si riuniscono. Saltellano tra proposte di riformismo e visibilità, tra manifesti e programmi bipartizan e richiami contro le insufficienti risposte della classe di governo partitica. Minacciano una "marcia dei quarantamila", rievocando la mobilitazione dei quadri Fiat nel 1980.
Possono raccogliere le istanze che provengono dai politici - di destra e sinistra- delusi e frustrati. Possono fare del male, insomma. A chi? Intanto al centro-sinistra e al governo che li sottovalutano un pochino. Ma possono fare male sopratutto al bipolarismo.
Si perchè, tra l' Italia di mezzo di Follini, la spinta centrista di Casini da una parte e di Mastella d'altra, possono fare, involontariemente, da sponda a vecchie e obsolete tentazioni.

Resta però il fatto che tra essi vi sono importanti intelligenze - Franco De Benedetti, Nicola Rossi, Gianni De Michelis, per dirne solo alcuni. Personaggi che sono in grado di dimostrare che il sistema politico italiano ha bisogno di una bella sferzata di anticonformismo per uscire dalla sua ostinata e presuntuosa autoreferenzialità e dall'immobilismo riformista.

Dicono: "Governare è difficile. Avere il coraggio di rischiare è ancora più difficile. Ma possono le inevitabili difficoltà frenare il futuroi del paese?"

Il 2007 l'anno della moratoria

La proposta italiana sulla moratoria della pena di morte nel mondo ha incontrato l'unanime favore dei 27 Paesi Ue. Per una risoluzione ONU sulla pena di morte servono numeri (97 voti favorevoli su 197 Paesi membri) che per ora non ci sono.

I fischi all'Antitrust

Per aver ribadito forse una delle cose più semplici e ovvie che dovrebbero regolare la competitività dei mercati, Antonio Catricalà, presidente - ancora per quanto? - dell'Antitrust è stato bombardato di fischi e di contumelie. Cosa ha detto di così sconvolgente? ... che non si possono mettere limiti al fatturato delle imprese per legge "perchè si deprimerebbe la crescita e gli entusiasmi imprenditoriali". Ovvio , vero? Non proprio. Se le imprese sono imprese televisive e se sono di proprietà del leader dell'opposizione, l'ovvietà non è "politically correct". Per cui giù con gli attacchi e le insolenze nei confronti del presidente dell'Antitrust, reo di aver lanciato un salvagente a Berlusconi e a Mediaset ... (in verità ci sarebbe anche Sky tra le aziende favorite con questa dichiarazione. Nessuno dimentica il ruolo di posizione dominante che le tv di Murdock hanno sui diritti del calcio...).

Senza entrare nel merito delle ragioni - che sono tecniche e non politiche, come devono essere da parte di un Authority - della presa di posizione di Catricalà, ribadita anche nella audizione alla Camera, non è male sottilineare che il ddl del ministro Gentiloni rappresenta senza dubbio un passo avanti verso la normalizzazione "civile"del selvaggio west dell'emittenza italiana, ma va sotolinetato che l'azione del Governo deve avere il solo obiettivo di indicare norme di carattere generale e non di segnare vincoli e niet, sopratutto in tema di comunicazione e tecnologia. A vigilare sulla concorrenza ci sono le Authority. E' qui che bisogna agire. Rinforzandone il ruolo, l'azione e le possibilità d'intervento.
Se si vuole fare del male al nemico, non lo si deve far diventare un "martire".
Come dice la Legge 12 del POTERE: " Per disarmare il vostro nemico, usate un misurato grado di onestà e di generosità"

Il sogno di Lapo

"In Italia è un incrocio tra un principe e un giovane Kennedy. Suo nonno era l'uomo che ha reso grande la Fiat". Il Financial Times intervista Lapo Elkann, che ha appena creato una nuova società di moda: " Il mio sogno è dare ai giovani la possibilità di lavorare senza dover far politica. La politica uccide la creatività". Dalla rivista Internazionale/n.676

Incipit

Nessuno pensa mai che potrebbe ritrovarsi con una morta tra le braccia e non rivedere mai più il viso di cui ricorda il nome. Nessuno pensa mai che qualcuno possa morire nel momento più inopportuno anche se questo capita di continuo, e crediamo che nessuno se non chi sia previsto dovrà morire accanto a noi. Molte volte si nascondono i fatti e le circostanze: i vivi e quello che muore - se ha il tempo di accorgersene - spesso provano vergogna per la forma della morte possibile e per le sue apparenze, e anche per la causa.
Da Domani nella battaglia pensa a me di Javier Marías

Ipse Dixit


"Siamo stati eletti per aiutare la gente a vivere meglio".
Massimo D'Alema, Ministro degli Esteri

lunedì 29 gennaio 2007

Se Sanremo è Sanremo

Pippo Baudo ha presentanto il "suo" Festival di SanRemo. L'edizione 2007 sarà anche lei, come sempre, bersagliata da critiche e da sberleffi. Il dibattito tra eminenti critici ed esperti di costume coprirà intere pagine di giornali, rubriche televisive - non oso immaginare cosa starà preparando Massimo Giletti. La domanda - o meglio il tormentone - sarà ancora una volta se Sanremo e le sue canzonette rappresentano la musica popolare italiana? Sondaggi e interviste come se piovesse. In fondo, io credo, che delle canzone non se ne fotte nessuno. Sanremo è Sanremo solo per le chiacchiere e per l'off-stage che produce. Il caso più emblematico e se volete da letteratura di un fenomeno che ogni volta si rinnova non più per quello che è ma solo per quello che produce. E tra questo non dimentichiamo la cosidetta "spirale del silenzio" - la famosa teoria di Elisabeth Noelle-Neumann applicata al Festival di SanRemo- che fa dire alla maggior parte degli italiani che non solo non hanno visto la maratona Tv di Baudo, ma che è ora di dire basta a questo rito "pacchiano" e da "italietta", per verificare, dati alla mano, che invece sono oltre 12/16 milioni gli italiani che lo seguono ogni anno .
Sempre più convinto che comunque lo fanno solo perchè non vogliono o non possono perdersi il chiacchiericcio tra colleghi in ufficio, al bar, sul tram e/o le ormai immancabili risse tra improbabili personaggi alla ricerca di un pò di visibilità in tv.
Beh! Tanto per cominciare un punto a favore vorrei segnalarlo io. Il logo del Festival è l'ultima opera di Lele Luzzati, il grande artista scomparso pochi giorni fa, il 26 gennaio. Ma su questo non si aprirà certo un dibattito "colto", direbbe Guccini.

Il calzini bucati del presidente della World Bank

Grande imbarazzo per il presidente della Banca Mondiale in visita in Turchia. All'entrata della moschea di Selimiye a Edirne, Paul Wolfowitz si è tolto lo scarpe, come è consuetudine prima di entrare nei luoghi di culto. Ma non si è accorto che aveva i calzini bucati. I suoi pollici scoperti vorrano presagire momenti difficili per l'economia mondiale o sono solo l'ulteriore segno dell' understaitment americano?

sabato 27 gennaio 2007

SPORT/ Platini e il fascino dell'antipatico

Per essere antipatico è antipatico. Non c'è dubbio. Anzi fa di tutto per esserlo e per ricordarcelo. Le sue frecciate , le sue battute infastidiscono più che far sorridere. Tracagnotto come è diventato ha alimentato la sua superbia - molto francese, direbbe la Bruni/Fiorello - guardando tutti dall'alto in basso. Ciononostante è diventato il nuovo presidente della UEFA.
Nel suo breve discorso di insediamento ha ricordato e ringraziato l'avv. Agnelli per le lezioni di vita che gli ha saputo regalare nei suoi anni juventini. Splendidi, davvero, per chi ama il calcio. Eletto contro i poteri forti del calcio europeo, dicono le cronache. Eletto per ridare un senso al gioco più bello del mondo, dicono i sostenitori. Eccolo quindi di fronte alla sfida. Ci ha annoiato per troppo tempo, di passaggio in Italia, raccontandoci tutto quello che non va nel nostro calcio e nel calcio di fuori casa nostra. Vediamo se dall'avv. Agnelli, oltre che la battuta sfrezzante - a dire il vero il nostro era più bravo, al limite del geniale, dall'alto della sua classe, così distante dalle nostre piccole beghe terrene - è riuscito a coglierne il pragmatismo piemontese. Ha di fronte alcuni nodi da sciogliere per arrestare il declino di audience del giocattolo. Prima fra tutti la credibilità. Moggiopoli come tutti sanno è solo l'episodio italiano di un calcio europeo malato. Altri simili e forse più gravi episodi - ma qui facciamo finta di non saperlo - hanno sconvolto la Germania, il Portogallo, la Spagana, la Polonia... La pervasività sistemica, ormai, del condizionamento non si risolve rivoluzionando la Champions League. Come non si risolve richiamando i termini di libertà del calcio giocato il nodo delle sperequazioni economiche tra i club ricchi e quelli poveri. O peggio l'egemonia delle TV e dei loro soldi - come farà a convincere i dirigenti delle Tv a lasciare spazio, lasciando anche i soldi? Risolverà d'imperio le contraddizioni e le sperequaizioni dei regolamenti disciplinari, le vistose differenze in fatto di giustizia sportiva e regole amministrative? Ne ha da fare il bravo - ma antipatico Michel. Platini ha giocato a calcio - ne ha fatto la storia in Europa - sarà antipatico ma ha il carisma per risolvere tutti questi problemi. A me paice molto crederlo. E' competente. E' romantico. E' presuntuoso. E' ambizioso. E' Platini!


ECONOMIA/ Porte aperte ai Private Equity

Chi attraversa quotidianamente le pagine economiche e finanziarie dei quotidiani italiani avrà senz'altro notato che si fa un gran parlare di "private equity".

Il private equity è uno strumento di finanziamento un Fondo di investimento - mediante il quale un investitore apporta nuovi capitali all'interno di una società, che presenta un'elevata capacita' di generare flussi di cassa costanti e altamente prevedibili. L'investitore si propone di disinvestire nel medio - lungo termine realizzando una plusvalenza dalla vendita della partecipazione azionaria.


Chi lo ha fatto ha notato che fanno paura. In Germania qualcuno li ha definiti "le cavallette del capitalismo", negli USA fanno il bello e cattivo tempo a Wall Street...
Hanno la forza della liquidità e l'obiettivo primo e assoluto di far soldi. Entrano ed escono dalle società quotate e non. Ne destabilizzano il management, ne condizionano scelte e strategie. In America hanno di fatto preso il posto delle Banche d'affari che ne soffrono la liquidità e la spregiudicatezza che tanto piace agli americani.
In un recente dichiarazione il nostro ministro dell'economia Padoa Schioppa ha dichiarato che "non vi è alcun pregiudizio od ostacolo al loro massiccio ingresso in Italia".

Ma dove è il punto della questione? Se sono investimenti da attrarre ben vengano. Il paese ne avrebbe tanto bisogno. Sopratutto in questo monento.
Ma se tutto questo è vero, il risvolto della medaglia è assai preoccupante. Per tanti motivi. Il primo, evidente, è che la nostra finanza non è in grado di reggere l'urto. Il rischio è vedersi sfilare le golden share delle poche aziende italiane ad alto tasso di rendita. C'è poi quello che Parmalat ha lascito nel "cuore" di tanti piccoli risparmiatori italiani. Come tutelare il piccolo risparmio che ha poca voce nelle decisioni della Assemblee? Manca una regolamentazione in particolare sui diritti di voto e sui limiti della rappresentatività. Non solo in Italia per la verità. Se ne sta discutendo a Bruxelles.
A questo vada ad aggiungersi la fretta che lor signori hanno. Devono investire a breve, a volte brevissimo termine. La cassa non può aspettare. E si sa la fretta spesso fa i "gattini ciechi".

Tutto negativo. Assolutamente no. I private equity hanno avuto e hanno il merito di equilibrare il mercato dei capitali, spezzare l'egemonia delle banche d'affari - i salotti buoni, per interderci - e hanno tanti tanti soldi da rischiare. A beneficio delle aziende che fanno innovazione, a beneficio delle aziende che vogliono competere per vincere, a beneficio di chi è stufo di fare il giro delle sette chiese per trovare capitali freschi e disponibili.

Ma mi permetto di aggiungere un altro beneficio. Con loro ingresso in Italia forse finiranno i giochi di potere, delegati ai media e alle procure con le loro inchieste a soggetto, sostenuti dalla politica del comparaggio e dalle vendette trasversali, ordite per mano e per penna di qualche illustre finanziere di antico e nobile lignaggio.

Incipit

L'Argirò col figliolo arrivarono al paese che era l'alba. Risalito il poggio, le case addossate una all'altra come una mandra si presentarono ai loro occhi. Da secoli questo paese si era cacciato nella valle, e vi si era addormentato. Intorno, a qualche miglio di distanza, gli altri paesi che si vedevano in cima ai cocuzzoli rocciosi si confondevano con la pietra.... Sembra un mondo spento, lunare. Ma ad inoltrarsi appena fra gli speroni dei monti ...si rivelano i paesi coi loro fiocchi di fumo, le voci disperse, i suoni intermessi, la voce soprana delle campane. E' una vita alla quale occorre essere iniziati per capirla, esserci nati per amarla, tanto è piena, come la contrada, di pietre e di spine.
Da Gente in Aspromonte di Corrado Alvaro

Addio a Valentina

Valentina non ce l'ha fatta. Il suo cuore non ha retto. La cronaca ogni giorno è piena di morti giovani. Perdono la loro giovane vita in incidenti d'auto - tantissimi, davvero una strage ogni sabato sera - se ne vanno per overdose, per quelle malattie che non hanno rispetto del tempo e della giustizia della vita, gliela strappano la violenza e l'assurda realtà degli uomini e delle donne vinti dalla malvagità e dalla pazzia.

Ma a Valentina la vita l'ha rubata una piccola incuria. Così piccola da essere finanche assurda. Un black out elettrico di 12 minuti. Una spina messa male. Ci si domanda come è possibile? Come è stato possibile? Ma ogni cosa ha un senso. L'assurdità del caso non può richiamare il destino. Questa morte, così terribile e assurda - per i suoi 16 anni e per la memoria che lascia - ci dice tante cose che, le parole della politica e dell'inganno, nascondono dietro un muro di ipocrosia.

Questa morte segna un abbandono. L'abbandono di una parte di questo paese che non ha dignità di bandiera. Un abbandono che i visi straziati dei compagni di Valentina, le parole dei politici di turno, le reazioni e i commenti della gente e le immagini e le corse dei giornalisti fuori, raccontano in un quadro devastante. L'incredulità e la pietà non riescono a coprire la desolazione delle risposte. Si dedicherà un ospedale a Valentina, saranno fatte le inchieste: si aspetterà, ancora!
Quel black out e quella maledetta spina non hanno bisogno di inchieste, nè tanto meno di parole e rancori. Quel balck out e quella spina hanno bisogno di scuole efficienti, strade percorribili, lavoro vero.... Quel black out e quella spina hanno bisogno di futuro.

Povera Calabria! In cronaca solo e sempre per mafia, per malasanità, per guerre intestine, per frodi e raggiri. Povera mia Calabria.

venerdì 26 gennaio 2007

La lenzuolata di Bersani


Questa volta Pierlugi Bersani ha fatto un bel lavoro. Ha messo in fila oltre 100 provvedimendi e ci ha liberato da un pò di lacci&lacciuoli. Difficile e quasi impossibile stare qui a elencarli tutti. Ma da oggi la benzina si fa anche al supermercato, dal parrucchiere si potrà andare anche di lunedì - un pò mi dispiace, era un must proverbiale il lunedì del barbiere - stop ai costi della ricarica dei telefonini - in effetti era un abuso che faceva girare le palle - banche e assicurazioni saranno meno coercitive. Insomma una bella rasoiata a tanti piccoli o grandi incomprensibili sorprusi.
Tra questi voglio segnalare quelli della BUROCRAZIA - lo scrivo in maiuscolo perchè incombe sempre sulla nostra vita come un macigno. Il Financial Times scrive che finalmente l'Italia "straccia la burocrazia". C'è ancora molto da fare, senza dubbio. Ma aver dato questo primo segnale mi sembra un passo ancorchè insufficiente, certamente importante.
Decisivo anche per il suo risvolto politico che crea un precedente. Quale? Quello di aver cominciato a demolire il livello di "potere burocratico" che da cittadini ci costringe a sudditi. Un potere subdolo e strisciante - qualcuno lo ha definito il vero retaggio del potere democristiano - che condiziona ogni passaggio di libertà e ogni più piccolo interesse e volontà.
A nessuno è sfuggito il braccio di ferro a questo proposito tra Bersani e Rutelli nel CdM che ha deliberato la lenzuolata. Rutelli si muove ancora su una logica del privilegio e, pur considerando che il suo punto di vista polemico - prima le grandi liberalizzazioni, poi il resto - non è malvagio, resta la sensazione che la vecchia politica dei due forni non muore tra gli eredi della DC.
Io personalmente non ho mai capito come la burocrazia si possa trasformare in voti. Confesso quindi che non mi convincono le analisi che rivelano il "voto di scambio" come presupposto che vuole una massiccia burocratizzazione per poi trasformarsi in potere percepito e, nervosamente, sopportato. All'anagrafe, al PRA, negli uffici e nei labirinti della Pubblica Amministrazione . La filosofia del travet che governando piccoli passaggi governa il paese. Non mi convince. Tutt'alpiù ne intuisco il lato cilatronesco delle sue manifestazioni. Mi ricorda più Marcello Marchesi che Lenin.
Ma tant'è che Rutelli e il suo veto su forme ancor più stressate di liberalizzazione burocratica hanno segnato il dibattito nel CdM. E non credo solo per vena di protagonismo.

Domani comincerà il balletto delle proteste delle categorie. Si preannunciano scioperi e manifestazioni. A cominciare dai benzinai. Solito balletto, solito sconcerto. Speriamo che Bersani stavolta tenga duro.

Aspettiamo però che la lenzuolata arrivi ai piani alti delle liberalizzazioni necessarie a questo paese per muoversi più spedito. A quando interventi su energia, utilities, banche, commercio estero e soprattutto enti e aziende a aprtecipazione statale che "costano al paese una Finanziaria l'anno"?

Bersani promette una lenzuolata l'anno. Ho avuto modo di conoscerlo. Non credo si sia lanciato solo in una boutade!!!

Manager alla ricerca di vendetta

Tutti pensavamo che i managers dedicassero tempo, energie e stress al lavoro animati dalla voglia di successo e di denaro. Business Week ci racconta un'altra storia. Potere e denaro sono sempre le principali leve che spingono uomini e donne a diventare workalcholic, ma c'è un altro fattore che sta diventanto sempre più determinanate: la vendetta.
Il mondo degli affari è diventato un'arena ipercompetitiva, ci spiega il settimanle USA, dove le vittime si contano a migliaia, ogni settimana. I licenziati, i sottovalutati, gli scavalcati. etc, etc. si considerano vittime di grandi e piccole ingiustizie. Un'offesa "narcisistica" a cui rispondere con la più feroce, cinica e tremenda vendetta.

Riprendersi quello che si aveva o meglio riuscire con caparbietà e cinismo a toglierlo all'usurpatore, per un manager licenziato o destituito, diventa la sola e unica ragione di vita.
Business Week fa un caso limite. Ricordate Steve Jobs fondatore di Apple, costretto a lasciare la compagnia nel 1985? L'invetore dell'I-pod ha lavorato sodo per ritornare nel 1997 alla testa della Sua comapgnia. E oggi si gode non solo la vendetta, ma anche il ritrovato successo commerciale.

Ma la vendetta non è solo un piatto che si serve freddo. La vendetta in azienda è anche un piatto che si serve a "piccole dosi", ricorda la rivista. Le piccole ferite quotidiane che agitano le giornate di tanti manager sono peggio delle coltellate alla schiena che si usavano una volta. E qui gli esempi sono tanti. Il pass negato, la segretaria che si ammala, il report sbagliato, la frecciata al bar, etc,etc,etc... chi non ne vede mille ogni giorno?


lunedì 22 gennaio 2007

Sarà l'anno del Quarto Capitalismo?

Mentre i dati di crescita del 2006 rivelano che il nostro paese ha ricominciato a camminare - certo ancora non a correre - lo sguardo si muiove verso il prossimo orizzonte. Che anno sarà il 2007? Senza voler entrare in locuzioni e analisi economico-congiunturali - non mi azzardo nenache per manifesta incompetenza - raccolgo invece, per diretta esperienza e concreta verifica, una precisa sensazione: le piccole imprese hanno l'opportunità, nel 2007, di segnare la vera svolta economica per il nostro paese. Lo vedo e lo percepisco dalle riunioni di presentazione e dalle numerose e a volte straordinarie richieste progettuali che ricevo in questo periodo e che, con grande mia soddisfazione, rivolgono l'attenzione a interventi globali sul paino internazionale.
Sto parlando di aziende che GiuseppeTurani colloca e definisce come "Quarto capitalismo", aziende, small cap, non troppo piccole ma nemmeno troppo grandi che stanno conquistando nuovi mercati e aumentando la loro dimensione capaci di importanti affermazioni in ambito nazionale giungendo al traguardo della globalizzazione, attrezzate a gestire dinamiche competitive su scala mondiale..

"Un vivaio di giovani promesse che nel 2007 dovrebbe regalare al paese un nuovo campione"... sottolinea Turani.

La congiuntura internazionale e soprattutto il clima mutato nel paese potrebbe offrire ai proptagonisti del Quarto Capitalismo un'occasione irripetibile. A qualche condizione: un paio esterne - l'azione del Governo non sia di ostacolo, via larga alle liberalizzazioni, coordinamento e attivazione dei flussi d'investimenti infrastrutturali - e alcune interne al Quarto Capitalismo proprio - guardare oltre la propria identità e referenzialità e fare sistema, e soprattutto, dico soprattutto, non dimenticare che la qualità perecepita è più che un valore aggiunto in giro per il mondo.
Aggiungeteci infine la necessità di percorrere architetture organizzative e di governance adeguate per accumulare e utilizzare le competenze necessarie per competere nei meracti globali.

I pirati dell'etere

La sentenza della Cassazione che ha assolto due giovani torinesi che condividevano film , musica e video giochi in formato informatico apre una vecchia disputa che si muove tra diritto e costume.

Considerando che la Cassazione ha decretato su basi normative vecchie, rispondendo più che altro alla teorica definizione del favor rei. - visto che i due giovani non hanno lucrato sulla condivisione - e che con la nuova disciplina - vedi legge Urbani - i due giovani, probabilmente sarebbero stati condannati, la Corte Suprema non ha sciolto il nodo cruciale della questione.

E cioè se il materiale diffuso su Internet non è libero e gratuito, come governare l'accesso dei giovani ai prodotti culturali che hanno costi, per loro, spesso inaccessibili?

domenica 21 gennaio 2007

Il prossimo presidente degli Stati Uniti arriverà da Internet?

La prima donna che forse diventerà il prossimo presidente degli Stati Uniti ha scelto Internet per lanciare la sua candidatura. Lo ha fatto in un modo semplice, diretto e assolutamente indovinato.
Hillary Rodman Clinton, seduta nella sua confortevole e confortante casa di New York ha aperto agli americani i suoi spazi e i suoi pensieri. " I'm in!". Con accanto le cose calde di una perfetta vita americana- il divano a fiori, le foto di famiglia, i fiori e la porta sul giardino - Hillary ha detto agli americani che la ricordano ancora come la "moglie tradita" che la sua voglia di America è un lungo cammino che vuole percorrere con chi ha volontà e speranza di cambiare. E Internet è il suo modo diretto per farlo. "Aiuatami a cambiare l'America", dice. Non solo dagli errori di W. Bush ma anche dalle vecchie logiche del potere.

Da lunedì prossimo il sito di Hillary Clinton segnerà la fine della politica e delle politiche della mediazione. Video chats, dirette video e tanti links trasformeranno la campagna elettorale per la presidenza della superpotenza che domina il mondo in una lunga "chiacchierata" .

Non è ancora candidata alla presidenza, ma Hillary ha già vinto una grande battaglia, è uscita dalla "normalità".

venerdì 19 gennaio 2007

Il paese di Scaramella

Non c'è dubbio che accanto ai suoi santi, poeti, navigatori...questo paese può vantare anche tanti benedetti cialtroni.
Cosa altro non è questo Mario Scaramella, il James Bond del Vomero, che ha messo in atto la più grande cialtroneria spionistica del nuovo millennio. Tra attentati, complotti e soffiate ha preso per i fondelli non solo il pio Paolo Guzzanti e la sua improbabile quanto inutile Commissione Mitrokhin, ma addirittura il celeberrimo servizio segreto di Sua Maestà e la infallibile CIA. A proprosito, chi pagherà le spese del suo ricovero all'University College Hospital di Londra? A chi gli chiedeva chi tramava nell'ombra contro di lui, rispondeva:"Gente collegata ad alcune organizzazioni clandestine non direttamente sotto il controllo delle autorità russe ma che vengono dalla Russia... in generale direi persone che lavoravano per i servizi di sicurezza e che ora sono in pensione". Ma mi faccia ...il piacere!!!

Cosa altro non è , il terrorista della baguette, Oreste Scalzone che alla notizia che può tornare, libero, in Italia avendo il tribunale di Milano comunicato che è intervenuta la prescrizione in relazione ai reati di partecipazione ad associazione sovversiva, banda armata e rapine di cui è stato accusato ormai 26 anni fa, ha dichiarato "Chi mi conosce solo un po' sa che in Italia vengo innanzitutto per condurre nelle condizioni nuove una vecchia battaglia. La condurrò a voce nuda, se serve sul selciato, on the road, o in luoghi adattabili all'antica congiunzione fra politica, ragionamento filosofico e teatro". A guardarlo nelle foto si direbbe che forse è meglio se - prima di girare le piazze e le strade d'Italia , "da Palermo a Bolzano" ha detto, - si rimettesse un pò in carne. L'Italia, forse non ricorda, ma è molto lunga e soprattutto non ha i servizi degli Champs Elysses. Vi è di più. Ma Scalzone cosa spera di trovare qui in Italia? Nessuno gli ha detto che i suoi "compagni d'armi" di allora ora siedono nei Cda delle Banche, guidano con piglio autoritario - a tratti massonico - i giornali più conservatori o firmano contratti di consulenza e direzione con tanti euri a tanti zeri? Di quale vecchia battaglia stra-parla? Non sarà che anche lui vuole fare concorrenza a Costantino Vitaliano e ai suoi colleghi tronisti o ai mille "mètre a penser" che affollano le nostre serate e vuole tentare , impavido ma convinto, la strada dello "star system"? Chè un'intervista sul tempo che fu non si nega a nessuno - come non ricordare qui e ora l'intervista a Toni Negri fatta dalla trasmissione NDP, andata in onda su La 7 qualche sera fa. Anche se l' ex esule rischia di riempire - anche lui - l'etere - e non solo quello, purtroppo - di estenuanti e deliziose, quanto anacronistiche e speciose, cialtronerie di fine secolo.
Cosa altro non è il preside dell'Istituto Tecnico Commerciale "G.B. Vico" di Agropoli (Sa) che ha invitato Luciano Moggi a salire in cattedra ad insegnare "educazione allo sport"? Ma più di lui non è ancora più cialtrone lo stesso Luciano Moggi che ha accettato l'invito?
Cosa ha da dire Big Luciano agli studenti? Come si usano i cellulari nello sport? o come si chiude in un cesso un arbitro? o ancora meglio, come si fa a governare i bussolotti delle estrazioni a "premio"?

Basta così. Per oggi.

mercoledì 17 gennaio 2007

Tanto tuonò che ..piovve

Eccolo arrivato il fulmine a ciel sereno. Sinceramente ho pensato, come credo molti, che sarebbe stata l'altalena del si e de no sulla riforma delle pensioni a scatenare la tempesta sul e nel Governo Prodi. Invece eccolo qui il fulmine - e che fulmine - che costringe ministri e sottosegretari, capigruppo e segretari dei partiti della maggioranza a convocarsi e sconvocarsi per tutta la notte e la mattina all'alba. La decisione di Prodi di non vietare l'allargamento della base Usa a Vicenza ha fatto più danni di un tzunami. Correre ai ripari è l'affannoso grido di allarme...o di aiuto...che accompagna ogni dichiarazione in queste caotiche ore... con Berlusconi e i suoi che si godono lo spettacolo.

Dare l'assenso all'allargamento della base militare Ederle di Vicenza è un atto di sudditanza e di subalternità nei confronti degli Usa o è un atto dovuto dagli accordi di allenza e dai protocolli di intesa previsti dal patto Atlantico? In poche parole può o poteva Prodi dire di no agli americani?

Mi rifiuto di considerare le motivazioni e le argomentazioni che il sindaco di Vicenza ha sostenuto. Il ritorno econonomico per il territtorio e la storica ottima relazione tra i militari americani e la popolazione locale. Roba da paese. Anche se il pizzaiolo vicino all'aeroporto Dal Molin - dove dovrebbe nascere la nuova caserma da 1.800 addetti - certo starà cominciando a pensare come allargare il forno a legna.
Cosi come rifiuto di considerare o di accettare quello che il sottosegretario Letta sta dichiarando : "Siamo stati costretti a dire di sì". Un libero governo di una repubblica non può essere costretto a dire di si. Nè tanto meno sembra apprezzabile e definitivo il richiamo di Teodori ai protocolli, alle intese internazionali. Tutti sappiamo che non c'è intesa o accordo che possa dire ...faccio quello che voglio. ..sempre.
Così come rigetto l'idea del referendum... chi coinvolgerà? i vicentini? i vicentin i e i bellunesi? I veneti dell'ovest? quelli fin qui sì e quelli fin qui no?. Meno che meno posso accettare le minacce e le barricate della sinistra radicale con le promesse di imboscate parlamentari.

Romano Prodi , sentito il Governo, ha deciso di non ostacolare l'insediamento della nuova caserma. Tutti crediamo - o speriamo - che l'abbia fatto consapevole delle conseguenze e dei rischi interni alla sua coalizione e alle eventuali ricadute sul piano internazionale. Non faccia ancora l'errore di non spiegare alla gente e ai suoi elettori - increduli e/o arrabbiati - il senso di questa decisione. Riferisca al Paese prima che al Parlamento!

Nel cuore le cose non finiscono mai

La persona che me lo ha detto, ha aggiunto che era il verso di una poesia e che per lei non c'era niente di più vero. Quello che uno avesse portato dentro quelle pieghe morbide e pulsanti, ci sarebbe rimasto per sempre. Comunque fossero andate le cose, sarebbe rimasto lì, in attesa. Poteva essere una persona, un luogo, un sogno, un errore.
Ho cinquantacinque anni e anche io ci credo. Soprattutto di notte, quando cerco di dormire senza riuscirci, ho la percezione netta di quanto siano vere quelle parole. Quando tutti i sentieri sembrano incontrarsi e rivedo la gente che ho amato o odiato, aiutato o ferito. Vedo le mani che si tendono verso di me. Riconosco dove vuole andare la mia vita e so che non sono possibili nè scorciatoie nè grandi svolte. E' proprio in quei momenti che ho la certezza che nel cuore le cose non finiscono mai.

lunedì 15 gennaio 2007

Incipit

Uno dei miei primi vanti era stato il mio nome. Avevo presto imparato (fu lui, mi sembra, il primo a informarmene), che Arturo è una stella: la luce più rapida e radiosa della figura di Boote, nel cielo boreale! E che inoltre questo nome fu portato pure da un re dell'antichità, comandante a una schiera di fedeli: i quali erano tutti eroi, come il loro re stesso, e dal loro re trattati alla pari, come fratelli. Purtroppo, venni poi a sapere che questo celebre Arturo re di Bretagna non era storia certa, soltanto leggenda; e dunque, lo lasciai da parte per altri re più storici (secondo me, le leggende erano cose puerili).
Da "L'isola di Arturo" - Elsa Morante

Incipit

"Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d'estate. Una magnifica giornata d'estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. Pare che Pereira stesse in redazione, non sapeva che fare, il direttore era in ferie, lui si trovava nell'imbarazzo di metter su la pagina culturale, perché il "Lisboa" aveva ormai una pagina culturale, e l'avevano affidata a lui. E lui, Pereira, rifletteva sulla morte. Quel bel giorno d'estate, con la brezza atlantica che accarezzava le cime degli alberi e il sole che splendeva, e con una città che scintillava, letteralmente scintillava sotto la sua finestra, e un azzurro, un azzurro mai visto, sostiene Pereira, di un nitore che quasi feriva gli occhi, lui si mise a pensare alla morte. Perché? Questo a Pereira è impossibile dirlo."
Da "Sostiene Pereira" di Antonio Trabucchi

sabato 13 gennaio 2007

A Caserta... si sono perse le riforme?

Quanto deciso nella due giorni di Caserta conferma che la polemica uscita dai DS di Nicola Rossi ha un senso e una ragione: il riformismo è stato messo in soffitta.

Se Prodi ne esce rinforzato - ha chiaramente dimostrato di essere il solo in grado di reggere la litigiosità della coalizione e a sorridere sulle goliardate di Pannella - tutta l'impalcatura della fase 2 si perde in un elenco di 10 punti che rappresenterebbero la linea strategica del Governo - non dei prossimi 5 mesi, come Fassino si affanna a dire, ma dei prossimi 5 anni.

Beh, nessuno si sognava che da Caserta giungessero altri segnali se non quelli che sono stati ampiamente e "prodigiosamente" sottolineati dal Premier. Il Governo è forte, la maggioranza tiene, il programma va anvanti. Chi invece si aspettava un pò di chiarezza - tempi e metodi, per intenderci - sui temi "caldi" del dopo finanziaria : le riforme - prima tra tutte le pensioni - le liberalizzazioni, il federalismo fiscale, le infrastrutture, l'emergenza ambientale - problemi tra i più urgenti e avvelenati dal chiacchiericio interministeriale - ha trovato per adesso solo una lunga e articolata dichiarazione d'intenti - 10 punti da rispettare - e una "cabina di regia" - il tutto condito in salsa "riformista".

Sarà vero quello che dice Panebianco sul Corriere della Sera : "
«Li abbiamo fermati. Partita chiusa»: il lapidario commento del segretario di Rifondazione, Giordano, sembra riassumere bene il senso dell'incontro di Caserta e, soprattutto, chiarisce chi siano i vincitori"?

Incipit

"Il procuratore Varga era impegnato nel processo Reis, che durava da circa un mese e si sarebbe trascinato almeno per altri due, quando in una dolcissima sera di maggio, dopo le dieci e non oltre la mezzanotte, secondo testimoninze e necroscopia, lo ammazzarono...."
Da "Il contesto" di Leonardo Sciascia

venerdì 12 gennaio 2007

Ancora su ..Consorte

Non posso fare a meno di riprendere integralmente un articolo apparso oggi su Il Riformista, a firma di Oscar Giannino, 24 ore dopo l'ennesino attacco giudiziario a Giovanni Consorte...

Vi spiego perchè difendo Consorte/
Il Riformista, Venerdì 12 Gennaio 2007
"Sia su questo giornale che altrove ho scritto molte volte a difesa di Giovanni Consorte, ex capoazienda di Unipol, che era divenuta grazie alla sua guida pluridecennale la terza compagnia assicurativa italiana dacché l'aveva presa in stato fallimentare. E lo difendo ancora una volta oggi, all'indomani di una nuova notizia di reato. Mi assumo la responsabilità di ciò che scrivo. La Procura di Roma procede infatti nei suoi confronti per l'ipotesi di appropriazione indebita e false attestazioni sociali in relazione a 9,5 milioni di euro ottenuti da un affare immobiliare intermediato da Vittorio Casale, anch'egli indagato con manager della sua Operae. L'ipotesi della Procura è che l'affare abbia celato la "riconoscenza", per così dire, di Casale nei confronti di Consorte, dopo che Operae aveva acquisito da Unipol e successivamente rivenduto 133 unità immobiliari di proprietà della compagnia assicurativa.

Perché il lettore sia informato - come ieri non capitava a chi avesse letto tutti i pezzi dedicati all'ennesima gogna per Consorte - della cessione del patrimonio immobiliare Unipol si è già occupata in dettaglio la procura di Milano, senza trovarvi alcunché di irregolare. E che aveva ottenuto spontaneamente gli stessi documenti che negli uffici di Casale sono stati questa volta sequestrati da uno squadrone di finanzieri. Alle stesse conclusioni del tutto 'positive è giunta la società di revisione Deloitte, incaricata da Unipol di accertare eventuali illeciti e infedeltà da parte dell'ex manager. Nonché l'Isvap, l'autorità che vigila sulle assicurazioni. L'operazione immobiliare "sospetta" è del tutto indipendente dalla cessione di immobili Unipol, realizzata da un veicolo societario privato che ha rilevato un immobile bolognese, con una regolare intermediazione di Casale e un suo anticipo a Consorte dell'ultima tranche del prezzo di cessione, poiché il fondo immobiliare Red della famiglia Zucchi che successivamente rilevò l'immobile era in attesa di autorizzazioni amministrative. C'è tanto di distinta del versamento finale del fondo acquirente, a testimoniarlo. Solo se non ci fosse i1 pagamento, potrebbe reggere l'accusa di appropriazione indebita di Consorte ai danni di Operae.

In poche parole: Unipol non c'entra nulla, a Milano era già stato tutto esaminato, tutto è regolarmente periziato e registrato. Il castello d'accusa viene montato per ragioni che con la giustizia non hanno a che vedere. Bensì per colpire la nuova banca d'affari Intermedia, il giorno prima dell'assemblea che doveva autorizzare il suo aumento di capitale per renderla operativa. Tutto ciò all'indomani del pieno proscioglimento di Consorte a Perugia per il caso Castellano, e mentre la procura di Milano chiede affannosamente un patteggiamento per non avere elementi in mano. È la strategia più volte vista, colpire e ricolpire per indurre l'indagato a chinare la testa e a rinunciare alle proprie ragioni.

Penso tutto ciò non per condivisione della tessera Ds con Consorte, ma per amore di ciò che conosco delle carte e per senso di giustizia. Certo, viene lo sgomento a pensare che in realtà si tratta anche di un colossale regolamento di conti politico, che avviene per mano di giustizia e coi Ds in silenzio oggi come nel 2005. Quando Consorte fu accusato, per politica e non perché fosse vero, di essere collegato alle scalate in Antonveneta e in Rcs. Per fargli pagare la crescita che aveva prodotto in Unipol, e per liberare il mercato italiano da un protagonista scomodo".
Oscar Giannino

martedì 9 gennaio 2007

Un anno fa ... Consorte e Sacchetti

Giusto un anno fa...in queste ore... il cda di Unipol Assicurazioni dimissionava , in un quarto d'ora di seduta... Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti dal vertice della compagnia bolognese.

Un trauma per il mondo cooperativo e per la sinistra...un respiro di sollievo per tutti coloro che avevano fatto carte false per bloccare l'insano e inrispettoso tentativo, dei "paria rossi", di scalare la BNL.

Mentre oggi si legge su tutti i giornali che il gip di perugia archivia l'inchiesta nei confronti di Consorte e del giudice Castellano, indagati di rivelazione di segreto d'ufficio, per la totale issusistenza dell'ipotesi di reato, pochi si chiedono che fine hanno fatto le inchieste che le procure di Roma e di Milano hanno quasi simultanemente avviato, partendo tra l'altro proprio dall'intercettazione telefonica che coinvolgeva in questa ipotesi di reato, Consorte e il giudice Castellano?
Tutto fermo naturalmente. Talmente fermo che non si fa certo peccato a pensare che quelle inchieste siano state avviate solo e semplicemente per bloccare l'operazione Unipol/BNL.
Talmente fermo che qualcuno, come Oscar Giannino, si azzarda a dire "... scommetto che assisteremo prossimamente all’archiviazione dell’indagine aperta alla procura di Roma su Consorte (la vicenda Castellano si è già chiusa con un buco nell’acqua), mentre a Milano fonti riservate ma affidabili vogliono la Procura costretta a implorare all’indagato di patteggiare, perché non ha più niente in mano tanto che il pm Greco si è ormai sfilato dall’inchiesta. L’augurio è che Consorte tenga duro e non faccia come tanti, perché nel suo caso non serve un patteggiamento tanto per dare il contentino minimale all’ipotesi accusatoria in cambio di uscire dalla sua persecuzione con una pena solo simbolica e sospesa dalla condizionale...."

Tragica e assurda realtà? Aspettiamo ancora per vedere se si è consumata ancora una volta quella che da molti si ritiene sia l'unica, vera e sola, attitudine del nostro paese. Quell'attitudine ad esercitare ogni machiavellica, strumentale e subdola azione per proteggere e consolidare il conflitto d'interessi che sta al centro di ogni pur piccolo angolo di potere. Un anno fa Consorte e Sacchetti hanno peccato di lesa maestà... volevano dare vita ad una banca che non ricadesse all'interno del groviglio di reciproci interessi che regolano e con cui si regolano banche, media e politica.

Un peccato capitale!

domenica 7 gennaio 2007

Adesso urge la riforma elettorale

Finito il tormentone della Finanziaria ...arriva quello sulla riforma della legge elettorale. Non è la sola e più necessaria riforma che il Paese aspetta ma è quella che per una serie di motivi è diventata la più urgente...se la politica non vuol fare il suo ennesimo scivolone di credibilità. Infatti è alle porte il referendum... per cui l'intervento è necessario e anche urgente. La regola taoista del "nulla fare" - ricordata dal prof. Giovanni Sartori - questa volta è bene metterla da parte - anche se è diventata regola maestra di vita della politica italiana.

Il tormentone è partito con la proposta di Giuliano Amato e della sua Convenzione ... Vannino Chiti si vede con i leader di tutti gli schieramenti...ogni partito..piccolo o grande ... mette sul tavolo la propria ricetta.
Ma la di là delle varie opzioni - sistema francese, spagnolo, tedesco ... proposta d'alimonte - quello che emerge dal tormentone di questi giorni sono due aspetti chiave. 1. Ci si può fidare uno dell'altro ??? 2. Come si fa a mettere d'accordo tutti?
Sul primo punto è bene come si dice a Roma a "fare a fidarsi". Non c'è alternativa. Qualcuno ricorda gli sgambetti di Berlusconi nel 1999 alla bicamerale di D'alema. Ma io credo che questa volta il Cav. non solo non può fare sgambetti e poi non gli conviene . In fondo il pasticcio dell'attuale legge elettorale è suo, sperava di vincere, non ci è riuscito anche se per poco e a ritentare con questo sistema non ci pensa proprio. Il secondo punto è più spinoso. E' bastato poco poco per far alzare muri a Mastella, a Bertinotti, alla Lega ... tutti o quasi tutti, ciascuno a modo suo, a elencare se e ma come se piovesse. Lo stesso premier Prodi entra a gamba tesa sul chiacchiericcio prima che diventi tormenta di polemiche e con inevitabili e fastidiosi ripercussioni sugli inqueti e altalenanti equilibri del suo Governo.

La convenzione avrebbe senso, ma arriva troppo presto. Anzi toglierebbe fibrillazione al tormentone..con buona pace dei talk show. Ma io credo che se ne dovrà riparlare fra qualche mese. Quando Vannino Chiti ci dirà se il suo giro di orizzonte ha dato un buon esito ...la Finanziaria avrà cominciato a dare i suoi primi sperati e attesi risultati... il Pd non sarà solo un disegno "a contrasto"... e soprattutto... si vedrà se Casini ha davvero visto lungo...

venerdì 5 gennaio 2007

A chi il merito?

Succede sempre così. Francesco Giavazzi iscrive agli imprenditori il merito dei buoni risultati dei conti pubblici. Lo fa con una riflessione, semplice, a volte anche con quel briciolo di banalità che ti sembra tolga spessore alla sua analisi. Ci dice che se l'economia reale va, non c'è manovra economica o finanza creativa o aliquote a fisarmonica che tenga. L'uovo di colombo si direbbe. Ma la ragione è semplice, invce. Le aziende si sono ristrutturate, hanno ottimizzato e diversificato la produzione, hanno dato un bel botto all'innovazione, hanno delocalizzato quando conveniva e adesso ricominciano a rinvestire nel paese... hanno fatto quello che dovevano fare, il loro mestiere in fondo. Bene!
Ma al di là di tutto questo Giavazzi non si chiede ... come è successo che siano diventati tutti così estrosi?

Io ho una mia idea personale. Finita la liretta, finiti i giochi al cambio..finiti, insomma tutte le possibili varianti del gioco delle tre carte che ha permesso alle aziende di "giocare " a fare le aziende. Quelli buoni hanno fatto tesoro dell'annuncio del compianto Avvocato - ricodate... quando annunciò al Paese.. "la ricreazione è finita"? - e si sono messi a fare sul serio. Quelli capaci naturalmente! Cominciando proprio da Torino.
Altri sono ancora lì a chiedere di chiudere le frontiere, mettere dazi e ..fare il giro delle scatole... cinesi.
Adesso invece di definire programmi e strategie capaci di a consolidare tutto questo o meglio di rilanciare ulteriormente ... si spreca il tempo ad accaparrarsi il merito.

Manca solo che Cannavaro&C non dichiarino anche loro di essere stati i veri artefici del boom delle entrare fiscali. In fondo tutto è successo da luglio in poi....

Questo Paese è davvero incredibile.

giovedì 4 gennaio 2007

Parliamo un pò fuori dai denti

Oscar Giannino su Left Wing scrive... "Parliamo un po’ fuori dai denti, allora, di quelli che metaforicamente si chiamano “poteri reali”. In Italia, almeno a immodesto giudizio di chi qui scrive, è inutile che pensiate alla politica, e da molti anni. Il potere più forte è senza ogni dubbio quello bancario. Ancora la settimana scorsa, Alessandro Penati su Repubblica ha aggiornato puntualmente i dati dello strapotere bancario...[...] - in Italia le banche, oltre a controllare per intero la Borsa e il risparmio gestito e amministrato con le loro Sim e Sgr, oltre ad aver cartolarizzato e hedgato propri debiti e sofferenze per un centinaio di miliardi di euro, hanno rastrellato risparmio aggiuntivo per oltre 450 miliardi di euro piazzando ai loro sportelli proprie obbligazioni....

Vale la pena leggere tutto l'articolo:http://www.leftwing.it/index.php?id=1145

Il riformismo abbandonato

Nicola Rossi lascia, con una appassionata polemica, i DS. Troppo distanti, ritiene Rossi, dalla sua idea di riformismo. Piovono i commenti di circostanza... e i richiami ai segnali di immobilismo che queste dimissioni fanno emergere. Qualcuno più prosaicamente riferisce che Rossi abbandona perchè infastidito o deluso dalla mancata nomina a ministro o sottosegretario. Tutto in perfetto stile dietrologico. Come sempre. Nicola Rossi pone invece un problema molto semplice e davvero esiziale: che fine ha fatto il riformismo sbandierato dalla sinistra, dai DS e dal governo in Italia?

Bloccato... tra le spinte massimaliste della sinistra estrema e, soprattutto, dalle paure e dalla reciproca sfiducia che serpeggia animosamente tra DS e Margherita nel loro ormai deludente e inconcludente cammino verso il PD...tutto si riduce alla solita politica dell'annuncio. Una sterile e affannosa rincorsa a chi annuncia la sua riforma ... più riforma possibile. Per poi aspettare le repliche e le smentite. Un balletto che sa di gioco delle parti.
Intanto Nicola Rossi dà fiato e voce ad un malessere che sta governando delusione e forse anche recriminazione.

C'è un bel dire che ogni cosa ha bisogno di tempo e di pazienza!

martedì 2 gennaio 2007

Le città di domani

Ho letto recentemente che la popolazione delle città ha superato quella degli altri territori - campagne, villaggi, piccole città, paesi, etc - messi insieme. Anche l'Italia si trasforma in conglomerati urbani. Un fenomeno che dovrebbe farci riflettere, non solo per i rischi sociali che porta con sè - Parigi docet - ma anche per un serie di piccole e grandi domande che dovrebbero trovare oggi se non una risposta almeno un accenno di attenzione. Partendo da aspetti rilevanti del vivere. Per esempio come cambierà il linguaggio - la lingua, le parole, le convensioni lessicali - dei "gruppi sociali ed interetnici" che popolano le città ? - perchè non vi è dubbio che la città non esiste più; esistono le città... in ogni città - Come cambierà lo spazio e il tempo? Vivremo verticali nello spazio e avari del tempo? Come cambieranno i colori? Saremo luce senza ombre, specchi, insegne e flash?... Che ne sarà dei libri di Mauro Corona?

L'anno che (ri)verrà

Adesso che tutto ricomincia ...aspettiamo la "svolta". Una svolta che dovrebbe coniugare le scelte, la responsabilità, la condivisione, il consenso e...il programma. Da dove si comincia? Dalle riforme - pensioni e legge elettorale? Dalla lotta all'evasione fiscale? Dai PACS? Dall'eutanasia? Dalla TAV e dalle infrastrutture? Dal precariato? Dalle liberalizzazioni? Dall'Alitalia o da Trenitalia? Da dove si comincia non importa o forse importa poco visto che la musica sembra non cambiare spartito. Messa da parte la Finanziaria e i suoi errori e le sue tragedia di comunicazione. Niente di nuovo, per adesso sotto il sole di questo tiepido inverno! Possibile che nessuno ancora ha capito che questo è un paese che ha cominciato a chiedere spiegazioni? I fischi non sono musica. Sono segnali - se va bene - di incomprensione. Ma cosa ne fanno i Ministri/steri dei fondi per la Comunicazione e per l'Informazione previsti anche in questa finanziaria? Possibile che l'unico modo di comunicare è il chiacchiericcio e l'insulto dei talk show?